Testimonianza

Comunicazioni sociali: mons. Galantino, “riscoprire un ruolo di lievito da parte dei credenti, dei media”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Non mi dispiacerebbe un sussulto d’orgoglio che porti a riscoprire un ruolo di lievito da parte dei credenti, dei media. Si è lievito se ci si propone di spendersi e investire energie per creare relazioni vere e per suscitare domande reali più che dispensare frettolose, compiacenti e compiaciute risposte. Non si è lievito dispensando ‘mi piace’ o ‘like’ a prescindere”. È l’esortazione espressa questo pomeriggio da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, chiudendo alla Pontificia Università Lateranense di Roma l’incontro dei direttori degli Uffici diocesani delle comunicazioni sociali. Mons. Galantino si è soffermato sul significato del tema al centro della prossima assemblea generale dei vescovi italiani: la domanda “Quale presenza ecclesiale nell’attuale contesto comunicativo?”. “In assemblea – ha spiegato – non si ragionerà sugli strumenti di cui disponiamo come Chiesa italiana per comunicare nell’attuale contesto. Al centro della riflessione non ci sarà l’eventuale potenziamento o ridimensionamento dei nostri media. Ma si tratterà di prendere coscienza insieme del mutato quadro nel quale oggi la Chiesa è chiamata ad annunciare, ad educare alla vita buona del Vangelo”. L’assemblea aiuterà a “prendere coscienza di un quadro mutato, che mentre registra l’ingresso e il proliferare di nuovi canali di comunicazione, chiama ad interrogarsi sul modo in cui quelli esistenti possano conservare validità e rilevanza”. Secondo il segretario generale, “l’importante è avere consapevolezza di trovarci in una società informazionale, come ci ricorda il prof. Rivoltella, nella quale la comunicazione registra assenza di mediazione e prevalenza di orizzontalità”. “Una società in cui l’informazione non solo racconta e descrive i fatti ma arriva a creare e a formare la realtà, addirittura l’identità delle persone”. Per Galantino, “in questo scenario sono possibili due strade: la prima è dichiararci estranei e consegnarci in maniera fatalistica a quello che altri decidono di dirci o farci essere. La seconda è crescere in consapevolezza e giocare positivamente e con competenza la nostra parte, forti del mandato ‘Andate e annunciate’”. E tornando all’invito ad “essere lievito”, il segretario generale ha rilevato che ciò accadrà se “aiuteremo ad abitare in maniere critica il nostro tempo. Ma non ci si inventa lievito, capaci di fermentare la massa”. In una “cornice culturale che sta determinando una nuova visione dell’uomo portando ad ignorare la visione interiore e trascendente della persona” è necessario “spenderci per crescere in consapevolezza, per abitare il mondo senza furbizie interessate, ma con la gioia di chi si sente chiamato a servire il Vangelo e non asservirsi del Vangelo”.