Parlamento

Libano: vescovi maroniti, no a interferenze nelle elezioni politiche del 6 maggio

foto SIR/Marco Calvarese

Il processo elettorale, che porterà il Libano a votare il prossimo 6 maggio per rinnovare la composizione dell’assemblea parlamentare nazionale, deve garantire elezioni libere e indipendenti e va difeso da ogni pericolo di interferenza da parte di “ministeri, amministrazioni pubbliche o servizi di sicurezza”. Lo hanno chiesto i vescovi maroniti, riunitisi mercoledì 7 marzo presso la sede patriarcale di Bkerké, sotto la presidenza del Patriarca Bechara Boutros Rai. Alla fine della loro riunione periodica, riferisce Fides, i vescovi maroniti hanno anche richiamato la difficoltà incontrata da molti libanesi nel comprendere il funzionamento della legge elettorale, basata su un sistema proporzionale e sull’uso delle preferenze. Le incertezze e le incomprensioni relative al sistema elettorale rischiano, secondo i vescovi maroniti di compromettere “un’opportunità concreta per realizzare un effettivo cambiamento democratico”. Quelle del prossimo 6 maggio saranno le prime elezioni politiche generali convocate in Libano dal 2009. Il rinnovo dei membri del Parlamento sarebbe dovuto avvenire nel 2013, ma le elezioni sono state rinviate più volte dallo stesso Parlamento in carica, anche a causa dell’instabilità regionale e del lungo periodo di vacatio della carica presidenziale nel Paese dei cedri, durata quasi due anni e mezzo e conclusasi il 31 ottobre 2016 con l’elezione del nuovo presidente, l’ex generale Michel Aoun, cristiano maronita. L’introduzione della nuova legge elettorale, approvata a giugno 2017, venne letta da molti osservatori come una vittoria politica del Partito sciita di Hezbollah. In realtà, anche l’accordo che permise di approvare in Parlamento il nuovo sistema elettorale aveva visto convergere i voti degli sciiti di Hezbollah e della formazione politica Amal con i voti dei sunniti del Partito Futuro (la formazione politica del Premier Saad Hariri) e con quelli dei due maggiori Partiti cristiani maroniti, la Corrente Patriottica Libera – fondata dal presidente libanese Michel Aoun – e le Forze Libanesi di Samir Geagea. Nel nuovo sistema elettorale, di carattere proporzionale, il Libano è stato diviso in 15 collegi elettorali, relativamente omogenei al loro interno dal punto di vista confessionale. Il nuovo sistema elettorale non intacca la regola – inclusa negli Accordi di Taif, con cui nel 1989 fu sancita la fine della guerra civile – la quale stabilisce che metà dei 128 deputati del Parlamento siano cristiani e l’altra metà sia formata da parlamentari musulmani – sciiti e sunniti – e drusi.