Defunti

2 novembre: La Voce Alessandrina, “sui giornali non si parla mai di morte, si racconta solo negli articoli di cronaca nera”

“Abbiamo una certezza: morendo a noi stessi porteremo frutto e tutto verrà centuplicato”. Lo scrive Enzo Governale, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali della diocesi di Alessandria, sul settimanale diocesano “La Voce Alessandrina”, rispondendo alla domanda “Come possiamo vivere la morte?”. “Di morte, sui giornali, non si parla mai. O meglio, si raccontano le morti avvenute negli articoli di cronaca nera; si parla del ‘fine vita’ e del poter decidere quando morire e non si considera morte la ‘fine della vita’ di un feto”. Governale segnala come “della morte ci interessa l’aspetto sociale”. “Ci interroghiamo sul cosa resta perché, lo sappiamo, prima o poi bisogna morire. Dio entra nella morte proprio per questo motivo, perché è parte del cammino di ogni suo figlio. Ma dalla morte risorge come un germe di vita inesauribile”. È così che “morire porta frutto, come il chicco di grano, come la croce. Ma questo portare frutto necessita di un forte cambiamento di forma: dal seme al germe, dalla gemma al fiore, dal fiore al frutto e dal frutto al seme”. Riflettendo su ogni volta che si “muore a se stessi”, Governale afferma che “anche questa morte porta dolore e ferite profonde, molte lacrime e momenti di buio, solitudine, un continuo chiedersi dove si è sbagliato”. “Ma anche perdono sincero, piccoli miracoli di speranza, dei ‘grazie’ inaspettati. E poi rispetto della libertà altrui, per quanto questo voglia dire lasciare andare. La vita di ciascuno di noi è piena di ‘vita’ e di ‘morte’, di passaggi che, una volta attraversati, cambiano la forma della nostra stessa esistenza”.