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Sinodo 2018: mons. Scicluna, “più potere” e più “responsabilità” delle Chiese locali su denuncia degli abusi, protezione e prevenzione

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Bisogna dare alle Chiese locali più potere di denunciare gli abusi, ma anche di elevare la soglia di responsabilità verso di essi”. Lo ha detto mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta, durante il briefing di oggi presso la Sala stampa della Santa Sede. “Noi vescovi siamo responsabili non solo nei confronti di Dio e della nostra coscienza, ma anche nei confronti della nostra gente, delle persone a cui facciamo da guida”, ha detto il vescovo citando il recente Motu proprio del Papa sugli abusi. La piaga della pedofilia, ha sottolineato Scicluna, “non è un problema legato ad una certa parte del mondo in particolare: è una leggenda che va sfatata. Certo, esistono modi diversi di affrontare la questione nelle varie parti del mondo. In alcuni Paesi prevale la vergogna, in altri la paura. Dobbiamo dare più potere alle nostre comunità perché gli abusi vengano rivelati e affinché si combatta il clericalismo come perversione che nutre gli abusi nella Chiesa e alla base del quale c’è una perversione del ministero, inteso più come potere che come servizio”. Di qui la necessità di lavorare sul versante della “formazione e selezione del clero” e sul terreno della “collaborazione con le autorità civili”, “ma soprattutto bisogna dare maggior potere alle nostre comunità per dare risposte più efficaci”.
Cosa direbbe ai giovani che sono state vittime della tragedia degli abusi? “Preferirei piangere con loro, come mi è capitato molte volte”, ha risposto Scicluna: “Il silenzio e il pianto sono la prima risposta, ma poi bisogna puntare alla verità e alla giustizia, che non sono incompatibili con la misericordia. La misericordia è vuota, se non è orientata alla verità e alla giustizia”. “Quando parlo con le vittime degli abusi – la testimonianza del vescovo – trovo una grande sete di verità e di giustizia. Il mio privilegio è cercare di far capire alla Chiesa qual è la verità, e dare giustizia, che spesso ha tempi un po’ esagerati”. “Ho potuto sperimentare quanto il Papa soffra per la lentezza della nostra giustizia”, ha rivelato Scicluna, “ma c’è anche una responsabilità civile che bisogna rispettare: se c’è un delitto civile, bisogna anche rispettare la legislazione civile. Chi è colpevole deve sottostare alle conseguenze delle sue azioni, come ha scritto Benedetto XVI nella sua lettera ai fedeli d’Irlanda”.
Quanto alla sua esperienza come vescovo di fronte agli abusi, Scicluna ha raccontato: “Sono un padre per il prete e per la vittima. Puntare alla verità è essenziale, ma per arrivare ad essa devo accettare l’aiuto di chi è esperto, non posso fidarmi solo della mia prudenza. Per questo sono affiancato da un gruppo di laici esperti che fanno l’investigazione e mi danno indicazioni per il giudizio. E questo mi rende più sereno nel servizio alla verità e all’incolumità del mio popolo”. “Ci sono grandi aspettative per una maggiore responsabilità delle Chiese locali sugli abusi”, ha concluso Scicluna: il primo appuntamento in cui si potrà constatare “come si svilupperà” questa indicazione sarà proprio quello di febbraio, dove i presidenti di tutte le Conferenze episcopali del mondo, convocati dal Papa, si confronteranno a partire da due parole-chiave: “Prevenzione e responsabilità”.