Canonizzazione

Paolo VI: p. Salvini (gesuita), “grande riformatore, portò l’assistenza ai poveri al vertice della Chiesa”

“Uno dei grandi riformatori della Chiesa negli ultimi secoli ma che forse non è riuscito a far capire alla gente tutto l’affetto che nutriva. Anche se le sue mani erano punti esclamativi viventi”. Lo ha detto padre Gianpaolo Salvini, direttore emerito de “La Civiltà Cattolica”, stasera durante il convegno organizzato da Caritas internationalis alla vigilia della canonizzazione di Paolo VI e mons. Romero. “Paolo VI, fondatore della Caritas, ha voluto che ci si occupasse dei poveri al vertice della Chiesa e con il coinvolgimento degli episcopati”, ha aggiunto il gesuita. Nella delega dell’assistenza ai poveri ad altri organismi laici, secondo padre Salvini, “Paolo VI vide il pericolo di secolarizzare la carità perdendo l’aspetto evangelico”. “Il Papa intendeva mostrare che non bastava non fare il male, ma bisognava fare il bene. L’elemento della carità è proprio della Chiesa e non deve delegarlo ad altri. La sua attenzione si concentrò sulla necessità di una Chiesa povera”. Così il gesuita ha citato un episodio: “Quando gli deposero sulla testa la tiara, il cappello pontificio, lo tolse per venderlo e donare i soldi ai poveri”. Quindi, il direttore emerito de “La Civiltà Cattolica” ha segnalato “la preoccupazione specifica di Paolo VI, cioè quello di conciliare l’evangelizzazione con la promozione umana”. “La Caritas, secondo la sua idea, deve essere il luogo in cui le due esigenze si conciliano”. “Il Papa voleva evitare – ha concluso – che gli organismi caritativi della Chiesa diventassero Ong. Così ribadì nello statuto che la carità va testimoniata”.