Immigrazione

Codice di condotta Ong: Stilli (Aoi), “già lo applicano ma ci sono criticità”

“Alcuni punti sono assodati, è probabile che firmeranno il Codice perché già li praticano”. Ma ci sono delle criticità, tra cui il divieto di trasbordo ad una nave più grande, che potrebbe impedire alle Ong di salvare più vite umane. Così Silvia Stilli, portavoce dell’Aoi l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, commenta in una intervista al Sir il Codice di condotta per le Ong che salvano vite umane nel Mediterraneo, dopo il via libera dall’Unione europea. L’Aoi chiede, inoltre, “un Tavolo di coordinamento tra istituzioni e associazioni presso la presidenza del Consiglio che segua tutta la questione degli sbarchi, dai salvataggi all’accoglienza”. Le Ong hanno una settimana di tempo per firmare o meno il Codice di condotta. “Bisogna aspettare e vedere cosa emergerà dall’incontro – dice Stilli -. Abbiamo una relazione forte con Msf, Moas, Sos Mediterranée e Save the children e sappiamo che vogliono una interlocuzione per discutere le problematicità del codice. Non sono maldisposti, perché è un Codice di condotta che già applicano. Porre l’accento sul fatto che non hanno voglia di rispondere della loro autonomia è sbagliatissimo. Le Ong hanno rapporti molto sereni con i sindaci e le associazioni delle zone di sbarco. È tutto molto gonfiato”. Stilli contesta però il metodo: “Le Ong si sono viste recapitare il Codice di condotta senza essere consultate prima”, contravvenendo ad “un impegno preso in sede europea. Se non c’è un confronto e non si sentono le rispettive ragioni o convergenze è ovvio che si parte subito con il piede sbagliato”. Ciò che preoccupa di più è “il divieto di trasbordo da una nave all’altra”: “Nei momenti di grande emergenza ci sono navi più grandi che possono accogliere migranti da quelle più piccole, le quali possono poi facilmente ripartire a salvare altre vite umane. Se questa possibilità viene annullata o fortemente limitata viene messa in discussione la capacità di salvare più vite umane possibili. Siccome l’imperativo principale, per le Ong, è essere nella capacità di salvare vite umane, tutti i deterrenti per bloccare la loro operatività non funzioneranno, non sono sostenibili”. Stilli teme che, riducendo l’operato delle navi umanitarie, possa accadere “qualche tragedia epocale come “già visto con la chiusura forzata di Mare Nostrum”.