Società

Don Milani: Tarquinio (Avvenire), “rimettere l’educazione alla Costituzione nella scuola”

“Se avete il diritto di dividere il mondo tra italiani e stranieri, io non ho patria”. Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, è partito da questa frase di don Lorenzo Milani, contenuta in “L’obbedienza non è più una virtù”, per ricordare che per il prete di Barbiana stigmatizzava la divisione “tra diseredati e oppressi”,  da una parte, e “privilegiati e oppressori”, dall’altra. Leggendo il brano durante l’evento organizzato dal Miur sulla figura di don Milani, il direttore del quotidiano cattolico ha ricordato che per don Milani “anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi”, tramite le “armi incruente” dello sciopero e del voto.   La parola “patria”, altra denuncia del priore di Barbiana, viene “usata male molte volte, e spesso è stata una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia”. Come recita l’articolo 11 della nostra Costituzione, l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà degli altri popoli: una citazione, per Tarquinio, “attualissima, nella nostra epoca di guerra mondiale a pezzi”. “Abbiamo il privilegio di vivere in una patria speciale, con una specialisssima, formidabile Costituzione”, l’analisi del direttore, che lancia una proposta: “Proviamoci a rimettere l’educazione alla Costituzione nella nostra scuola: un’educazione civica, per imparare la misura fondamentale del nostro stare insieme”. “Don Milani ci fa capire, da cittadino e da cristiano, che la libertà e la sovranità degli Stati e l’autonomia delle persone hanno senso solo se coniugate con la solidarietà”, ha attualizzato Tarquinio: “Nessuno si salva da solo, nessuno può essere libero da solo: nessuno può sentirsi padrone del mondo, o di un pezzo di mondo, se ci sono persone che soffrono e devono lottare per sopravvivere, mentre sono privati dell’essenziale”. “Ci sono molti modi di fare la guerra”, ha proseguito: “Contrapporre poveri e ricchi è il più terribile di tutti, il più feroce, perfino del terrorismo. La guerra contro i poveri quasi non viene più riconosciuta come guerra vera: eppure miete milioni e milioni di vittime ogni anno, per fame, per sete, per la mancanza di cure elementari, perché vivono in luoghi resi insani da incuria, avarizia e avidità”.