Beatitudini

Papa Francesco: a Santa Marta, “la consolazione non sia truccata”

“L’esperienza della consolazione, che è un’esperienza spirituale, ha bisogno sempre di un’alterità per essere piena: nessuno può consolare se stesso”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa celebrata oggi a Santa Marta. “E chi cerca di farlo, finisce guardandosi allo specchio, si guarda allo specchio, cerca di truccare se stesso, di apparire”, ha ammonito Francesco: “Si consola con queste cose chiuse che non lo lasciano crescere e l’aria che respira è quell’aria narcisista dell’autoreferenzialità. Questa è la consolazione truccata che non lascia crescere. E questa non è consolazione, perché è chiusa, le manca un’alterità”. Nel Vangelo si trova tanta gente così, ha fatto notare Francesco. Ad esempio, i dottori della Legge, “pieni della propria sufficienza”, il ricco Epulone che viveva di festa in festa pensando di essere così consolato, ma soprattutto a esprimere meglio questo atteggiamento è la preghiera del fariseo davanti all’altare, che dice: “Ti ringrazio perché non sono come gli altri”. “Questo si guardava allo specchio”, nota il Papa, “guardava la propria anima truccata da ideologie e ringraziava il Signore”. Questa gente, secondo Gesù, “mai arriverà alla pienezza, al massimo alla ‘gonfiezza’”, cioè alla vanagloria. La consolazione vera, invece, secondo Francesco, “è uno stato di passaggio dal dono ricevuto al servizio donato”: “La vera consolazione ha questa doppia alterità: è dono e servizio. E così se io lascio entrare la consolazione del Signore come dono è perché ho bisogno di essere consolato. Sono bisognoso: per essere consolato è necessario riconoscere di essere bisognoso. Soltanto così il Signore viene, ci consola e ci dà la missione di consolare gli altri. E non è facile avere il cuore aperto per ricevere il dono e fare il servizio, le due alterità che fanno possibile la consolazione”. Serve quindi un cuore aperto e per esserlo ci vuole “un cuore felice”. E proprio il Vangelo odierno delle Beatitudini dice “chi sono i felici, chi sono i beati”: “I poveri, il cuore si apre con un atteggiamento di povertà, di povertà di spirito. Quelli che sanno piangere, quelli miti, la mitezza del cuore; quelli affamati di giustizia, che lottano per la giustizia; quelli che sono misericordiosi, che hanno misericordia nei confronti degli altri; i puri di cuore; gli operatori di pace e quelli che sono perseguitati per la giustizia, per amore alla giustizia”. Invece sono “chiusi” quelli che si sentono “ricchi di spirito, cioè “sufficienti”, “quelli che non hanno bisogno di piangere perché si sentono giusti”, i violenti che non sanno cosa sia la mitezza, gli ingiusti che compiono ingiustizia, coloro che sono senza misericordia, che non hanno mai bisogno di perdonare perché non sentono il bisogno di essere perdonati, “quelli sporchi di cuore”, gli “operatori di guerre” e non di pace.