Omelia

Diocesi: mons. Staglianò (Noto), “necessario e urgentissimo cercare nuove vie di comunicazione per parlare al cuore della gente”

“Le nostre comunità non sono più costituite come ‘comunità di ascolto’, perciò la nostra fede non cresce, perché non viene nutrita dalla predicazione e anche la partecipazione ai sacramenti (soprattutto alla celebrazione eucaristica domenicale) rischia terribilmente il magismo”. È quanto afferma il vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, nell’editoriale dedicato al tema dell’omelia pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “La Vita diocesana”. “Normalmente quando si parla dell’omelia, si fa molta attenzione alla sua lunghezza: troppo lunghe e noiose”, osserva il vescovo, notando che “la prima grande e preziosa indicazione per superare il disagio sarà: omelie più brevi, cortissime” anche perché “per la psicologia, oggi qualsiasi ascoltatore non riesce a stare attento più di sei minuti”. “L’omelia non è cosa facile”, rileva mons. Staglianò: “non è un’esegesi biblica, una catechesi, una comunicazione dottrinale, una riflessione teologica ma nemmeno sociologica, un’arringa, un chiacchierare generico”. “L’omelia non è tutte quelle cose, ma le presuppone tutte”, evidenzia il vescovo. “Esiste un’assemblea educata all’ascolto di un’omelia (breve o lunga che sia)?”, domanda Staglianò, sottolineando che “pare che la maggior parte delle persone che frequentano la messa domenicale non ascoltino nemmeno la Parola di Dio che viene proclamata”. “È necessario e urgentissimo cercare nuove vie di comunicazione, abilitare nuovi registri comunicativi, capaci di parlare al cuore della gente, senza obliare l’uso dell’intelligenza e della ragione”, conclude il vescovo, ricordando che “c’è una ‘carne’ della vita degli esseri umani che dev’essere toccata per poter essere guarita e salvata dall’incontro con Cristo”.