Fine vita

Eutanasia: Ognibene (Avvenire), “Dino Bettamin testimonial involontario di campagna mediatica”

La vicenda di Dino Bellamin “nella sua drammaticità” è “del tutto comune quant’è comune il morire per cause naturali, assistiti da chi somministra cure e interventi proporzionati al progredire inarrestabile del male, applicando protocolli collaudati col pieno consenso del paziente e dei familiari”. Francesco Ognibene racconta oggi su “Avvenire” la fine serena del settantenne di Montebelluna morto per la Sla e diventato suo malgrado testimonial del partito dell’eutanasia. Invece di morire nell’intimità dei suoi affetti, spiega Ognibene, “la storia del signor Dino da Montebelluna – , un uomo di fede vera, come riferisce il suo parroco” è stata “espropriata per alimentare la vorace macchina dell’informazione”. Il signor Bellamin, commenta il giornalista, è stato arruolato “come involontario testimonial della campagna mediatica, culturale e politica per ottenere una legge sulle decisioni di fine vita che esalti la libertà individuale e il diritto di scegliere modi e tempi della propria fine”. Un “malcostume dilagante e persino osceno” che fa perno sui “casi umani” per “calare sul tavolo dell’opinione pubblica le carte emotive utili alle campagne del momento. Come quella, ritornante, pro-eutanasia”. Per questo, “malgrado i fatti fossero ormai chiari, e numerosi medici smentissero ogni ipotesi eutanasica”, molti media hanno continuato a parlare di “dolce morte”, “facendo capire che sarebbe stata la sedazione e non la Sla la causa del decesso”. Omettendo quindi di spiegare “che il paziente era terminale e non aveva chiesto di interrompere la respirazione assistita”, come invece aveva fatto Piergiorgio Welby. Un “ingiustificabile” confusione sui termini che “suonano persino offensivi”, nel momento in cui adombrano “una volontà di morire in un uomo che chiedeva solo di andarsene senza soffrire”. È questo “un affronto alla sua dignità e alla memoria che lascia”. Ognibene ricorda che l’anziano “non chiedeva la morte, ma solo un ultimo metro di vita piena, libera dal dolore”. Così come tantissimi pazienti “non reclamano il ‘diritto di morire’, ma più terapie, più attenzione, più cure palliative”, laddove il diritto a spegnersi senza dolore – conclude Francesco Ognibene – “sta scritto da sette anni all’articolo 1, primo comma, della legge 38, approvata all’unanimità dalle Camere, forse la legge più civile del mondo in materia”.