Mafia

Totò Riina: don Ciotti (Libera), “come ogni morte chiede rispetto. Ma non cancella il ricordo di una vita strumento di sofferenza”

“La morte di Riina, come la morte di ogni persona, chiede rispetto. Ma questo non cancella il ricordo di una vita che, nel caso di Riina, è stata violenta, incompatibile con l’etica del Vangelo, strumento di sofferenza, di omicidi, di stragi. Una vita che non ha mostrato segni di ravvedimento, nemmeno dopo la scomunica di papa Francesco ai mafiosi in quanto ‘adoratori del male’ e nemmeno dopo il suo ‘pressante invito’ affinché si convertano e aprano il cuore a Dio”. È quanto afferma don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, in una nota sulla morte di Totò Riina. Il boss di Corleone in due intercettazioni aveva minacciato di morte don Luigi Ciotti; in particolar modo, intercettato il 14 settembre 2013, Riina disse: “Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi, Ciotti, putissimu pure ammazzarlo”. “Non solo Riina non si è pentito del male commesso, ma – continua Ciotti – lo ha rivendicato, quindi non lo ha riconosciuto come tale. Mi auguro – nel pensiero caro che rivolgo alle persone uccise e ai loro famigliari, vittime di tanto odio – che almeno nel momento della morte abbia avuto il coraggio di guardare nel profondo di sé e di aprirsi così alla misericordia di Dio”. “Quanto al futuro di Cosa Nostra – conclude – non bisogna illudersi che la morte del capo attenui la forza e la pericolosità di una mafia che ha dimostrato capacità di adattamento e rinnovamento, e che da tempo adotta lo strumento della corruzione e delle complicità politico-economiche per rubare la dignità e la speranza delle persone oneste”.