Colloquio

Teologia: Wald (Fac. Teol. Paderborn), “coscienza non è fondamento autonomo di validità della morale”

“La tutela costituzionale della libertà di coscienza nelle società moderne è in vistoso contrasto con il fatto che, fino a oggi, non ci sia consenso intorno al fenomeno e alla definizione di coscienza. Nell’accezione generale, la coscienza viene considerata infatti ‘istanza assoluta’ e insieme una specie di ‘zona tabù’ dell’intimità dove l’agire morale appare liberato da ogni giustificazione. In questo modo, la convinzione dell’assolutezza dell’intimità della coscienza, porta al paradosso di mettere in dubbio la validità del diritto di limitare il nome della coscienza”. Lo ha detto Berthold Wald, professore della Facoltà Teologica di Paderborn, prendendo la parola durante il XVII Colloquio di Teologia Morale che si è tenuto a Roma nel Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul Matrimonio e Famiglia. Solo nella modernità, ha spiegato il docente, “si è diffusa un’idea di coscienza che poggia sulla convinzione dell’infallibilità della coscienza”. Quando si parla oggi spesso di una infallibilità della coscienza, “questa può essere attribuita sensatamente solo alla coscienza originaria, dato che questo impulso dal centro del cuore è la fonte dell’assolutezza, ma non il garante per l’infallibilità della coscienza”: in altre parole, “tranquillizzarsi nel seguire sempre e solo la propria coscienza è ingannevole. La coscienza infatti – ha commentato Wald – “non può essere fondamento autonomo di validità della morale, ma sottosta essa stessa alla differenza tra vero e falso e tra bene e male”.