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Plenaria Pcc: Sanguineti (Univ. Santa Croce), “nel campo scientifico-culturale abbiamo perso la nozione di anima”

“Spesso si dice che il cervello sarebbe l’hardware di un software costituito dalla mente, ma il cervello non è un computer perché processa informazioni di un quadro vitale vivente”. Lo afferma il filosofo Juan José Sanguineti (Pontificia Università della Santa Croce, Roma) intervenuto oggi alla sessione dedicata alle neuroscienze nell’ambito della terza giornata dell’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura (Pcc) “Il futuro dell’umanità: nuove sfide all’antropologia” che si conclude domani. “Qual è il ruolo causale del cervello nell’insieme delle reazioni affettive-morali comportamentali nell’uomo?”, si chiede. “Il cervello è l’organo più importante dell’organismo e presiede al suo funzionamento. Ha una duplice funzione: fisiologico-neurovegetativa e sensitiva. Occorre distinguere tra corpo umano fenomenologico e corpo umano fisiologico controllato dal cervello”. A conclusione del suo intervento il filosofo si chiede: “Che fine ha fatto l’anima? Nel campo scientifico culturale abbiamo perso la nozione dell’anima da quando si è cominciato a parlare soltanto di mente. A livello popolare la nozione di anima corrisponde alla dimensione spirituale e molti scienziati credenti la mettono in relazione solo con la religione ma questo è un po’ riduttivo”. Rispondendo ad una domanda sulle interazioni tra cervello e psiche, Sanguineti risponde: “Con la teoria dell’attaccamento sicuro, si è dimostrato che per motivi neurali e non solo psicologici i primi due anni di vita del bambino sono fondamentali per avere un adulto equilibrato e senza disfunzioni relazionali”.