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Belgio: indagine Fondazione Re Baldovino. I ricercatori chiedono autonomia e denunciano la “commercializzazione” della scienza

Che cosa muove i ricercatori delle università belghe a fare il proprio lavoro? Non è il denaro, non la carriera, bensì “la curiosità e il desiderio di generare nuove conoscenze”. Risulta da una indagine condotta dalla Fondazione Re Baldovino su 1720 ricercatori: a loro sta a cuore soprattutto l’“autonomia e la libertà accademica”. Il 50,5% degli intervistati ha dichiarato che a motivarli è soprattutto “il desiderio di fare avanzare la conoscenza scientifica”; per il 43% quella personale. Per il 35% dei ricercatori, il loro lavoro deve rispondere direttamente a bisogni presenti nella società, per il 60% ciò non è requisito necessario. Tra gli ostacoli principali, la mancanza di tempo e la difficoltà a tenere insieme le tre dimensioni accademiche, cioè l’insegnamento, la ricerca e l’interazione con il contesto; poi c’è la “feroce competizione” legata soprattutto alla laboriosa ricerca di finanziamenti. Per il 54,3% dei ricercatori, ciò ha ripercussioni negative sulla qualità della ricerca stessa. Un’altra difficoltà è legata alla pubblicazione delle ricerche su riviste di alto livello, spesso a pagamento. Una minaccia in tutto ciò è la “commercializzazione della ricerca”, mentre la qualità scientifica è salvaguardata soprattutto là dove è possibile “una cultura del confronto critico all’interno e tra i gruppi di ricerca”.