Minori non accompagnati

Migrazioni: “Scarp de’ tenis”, mensile di strada della Caritas, racconta “i sogni dei ragazzi che scappano”

“Si chiamano minori non accompagnati, ragazzi che lasciano casa e famiglia per sbarcare sulle nostre coste. C’è chi sogna di diventare calciatore, chi di raggiungere il nord Europa. Per alcuni di loro si aprono le porte di comunità e scuole. Di tanti non si sa più nulla”. È il servizio di copertina di ”Scarp de’ tenis”, mensile di strada della Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, diffuso in 20mila copie da quasi vent’anni. “Scarp” è stato a Rebbio, in provincia di Como, dove una parrocchia si è mobilitata, in una comunità di accoglienza e a casa di Cecilia e Marco, genitori affidatari di Youssef, arrivato tutto solo dal Marocco. I minori non accompagnati nella sola Lombardia sono quasi mille, oltre 800 dei quali a Milano città. Una situazione piuttosto critica è al confine tra la provincia di Como e la Svizzera, verso cui molti migranti vorrebbero rifugiarsi, ma la Confederazione li respinge verso l’Italia. “Un gruppo di giovani comaschi, non legati a parrocchie o associazioni, ogni notte – si legge su Scarp – raccoglie chi dovrebbe passare la notte all’addiaccio e li porta alla parrocchia di Rebbio, quartiere della periferia di Como. Lì c’è don Giusto Della Valle, uno di quei preti di frontiera che aprono le porte e fanno un po’ di spazio in più”. “Nella piccola cucina della casa parrocchiale, appena riscaldata da una vecchia stufa a legna, c’è un cartello che ricorda l’orario dei pasti, un mappamondo e una mappa dell’Africa”.
Nella palazzina di fronte, “l’ex casa del vicario, sono oggi ospitate un gruppo di donne nigeriane in protezione umanitaria con i loro bambini, alcuni neonati, e una famiglia senegalese”. “Quest’estate abbiamo iniziato ad allestire una mensa serale nel bar dell’oratorio. Poi è iniziato ad arrivare il ‘popolo della notte’ – racconta don Giusto –. Ogni notte mi portano sessanta, ottanta persone che dormirebbero all’aperto. Teniamo la porta aperta fino all’una, diamo un tè caldo e qualcosa da mangiare. Nel salone sopra disponiamo materassi e coperte per loro. Al mattino dopo escono, perché qui dobbiamo ripristinare per le attività della parrocchia”. Tra chi passa qualche notte qui, in attesa di ripartire per un altro luogo, molti sono minorenni. Qualcuno – si legge in Scarp – è qui da quest’estate, ma per la stragrande maggioranza la parrocchia di Rebbio è stato solo un passaggio. “Da quest’estate – racconta il sacerdote – ne ho visti circa 700. Il 10% di loro, oggi, è in una comunità per minori in Italia oppure, grazie a un’associazione di avvocati svizzeri, in una struttura dedicata oltre confine”. Il racconto prosegue descrivendo le vicende di questi minori, fuggiti da Eritrea, Libia e altre nazioni povere… “Bambini che credono ancora nelle favole. Ma che spesso sono vittime degli orchi”.