Giubileo

Salute: don Arice (Cei) a Fatebenefratelli Brescia, la misericordia “si fa opera”

L’evangelizzazione e l’assistenza integrale della persona malata passano attraverso le “opere” fondate da san Giovanni di Dio. Per questo occorre che gli istituti religiosi “si riconcilino” con le opere, “facendole diventare lo strumento dell’incarnazione visibile del carisma, teologia che si incarna e si fa storia, visibile e comprensibile”. L’esortazione è di don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della salute, che oggi, solennità di san Giovanni di Dio, fondatore dell’ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli, ha presieduto a Brescia la concelebrazione eucaristica in occasione della “settimana delle missioni” (3-11 marzo) promossa per i malati psichiatrici dell’Irccs di Brescia. “Non credo – ha aggiunto don Arice con riferimento alla parabola del Buon samaritano – che la Chiesa possa fare a meno di queste locande evangeliche, opere nelle quali si fa casa ai più fragili”. Per il direttore dell’Ufficio Cei, “l’opera è la condizione ideale, se è come deve essere, per evangelizzare offrendo a tutti, partendo dagli ultimi, le cure necessarie”; un atteggiamento che “prima di essere un’opera di carità è un’opera di giustizia”. S.Giovanni di Dio “ha curato tutto l’uomo esercitando in modo mirabile l’arte della relazione”, perché “ospitare i malati significa fermarsi, conoscerli per un accompagnamento personalizzato, interagendo con la persona malata, con lo sguardo, il gesto, la voce e la parola pronunciata”. “Anche per questo aspetto che richiede tempo – ha chiosato don Arice -, sarebbe necessario destinare risorse umane ed economiche in ogni luogo di cura, cosa che non avviene così spesso”.