Emergenza profughi
(Bruxelles) Nella Dichiarazione finale del Consiglio europeo svoltosi a Bruxelles si legge che “la Turchia ha confermato il suo impegno ad attuare l’accordo bilaterale greco-turco in materia di riammissione al fine di accettare il rapido ritorno di tutti i migranti non bisognosi di protezione internazionale che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alla Grecia e di riaccogliere tutti i migranti irregolari fermati nelle acque turche”. Si ribadisce, nel complesso, l’impegno a smantellare il traffico di esseri umani e di “proteggere le nostre frontiere esterne”. Non mancano passaggi spigolosi nel testo: “Dobbiamo spezzare il legame che esiste tra la traversata in mare e l’insediamento in Europa”. I 28 apprezzano e appoggiano “l’attività della Nato nel mar Egeo”, diventata operativa proprio ieri. Quindi l’elenco dei “principi” condivisi attorno ai quali cominciare a lavorare: far rientrare, a spese dell’Ue, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche; far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell’Ue; accelerare la liberalizzazione dei visti turchi e “l’erogazione, entro la fine di marzo, dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e prendere una decisione in merito a un ulteriore finanziamento destinato allo strumento per i rifugiati siriani”; collaborare con la Turchia “in eventuali sforzi comuni volti a migliorare le condizioni umanitarie all’interno della Siria in modo da consentire alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure”.
Al summit si è inoltre discusso – e lo conferma la Dichiarazione finale, diffusa nella notte – del ripristino degli accordi di Schengen per la libera circolazione, del sostegno ad ampio raggio alla Grecia per far fronte all’emergenza dei rifugiati e per il controllo delle frontiere esterne. Inoltre si insiste sul rimpatrio dei “migranti irregolari”, ossia le persone che fuggono dal loro Paese non a causa della guerra ma per fame e povertà e, per questo, non “meritevoli” di protezione internazionale. Al termine del summit, come spesso accade, prima di ripartire ogni leader rilascia dichiarazioni che sembrano contraddire quanto sentito al summit e quanto messo nero su bianco nelle dichiarazioni finali.