Guerra

Siria: Msf, “fermare gli attacchi sui civili e garantire aiuti umanitari e medici”

Il conflitto in Siria sta per entrare nel suo sesto anno. In questa guerra i civili sono incessantemente sotto attacco: 1,9 milioni di persone vivono sotto assedio, le frontiere sono chiuse ai rifugiati e dilagano i bombardamenti contro strutture mediche e aree densamente abitate. Un recente rapporto di Medici senza frontiere, basato su dati raccolti nel 2015 in soltanto 70 delle 150 strutture supportate da Msf nel Paese, parla di 154.647 feriti e 7.009 vittime di guerra, di cui il 30-40% donne e bambini. Nonostante il cessate il fuoco, la violenza, seppure con minor forza, continua. In occasione di questo triste anniversario Msf ribadisce il proprio appello: “Tutte le parti in guerra – compresi gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite attivamente coinvolti – devono risparmiare i civili e fermare i bombardamenti contro infrastrutture civili e sanitarie. Deve essere garantito l’accesso agli aiuti umanitari, inclusa l’assistenza medica, alle popolazioni assediate o bloccate nel conflitto. Ai civili devono inoltre essere garantiti la possibilità di fuggire in sicurezza dai luoghi del conflitto e il diritto di cercare protezione al di fuori dei confini siriani”.

Nel video: le testimonianze dei medici siriani costretti a lasciare il Paese

“I dati che abbiamo raccolto sono sconcertanti, ma sono solo una fotografia parziale di un bilancio molto più grave” ha detto Loris De Filippi, presidente di Msf. “Non c’è alcun dubbio che i civili vengano colpiti, in modo mirato o indiscriminato. Nessuna sorpresa quindi che migliaia di persone stiano fuggendo per sopravvivere al massacro. Non possiamo tornare ai livelli di violenza dello scorso anno: i membri del Consiglio di sicurezza Onu devono rispettare le risoluzioni per la protezione dei civili che loro stessi hanno firmato”. Un medico siriano racconta i suoi momenti più difficili: “Quando ti portano i nuovi pazienti. Hai la strana sensazione che uno di loro potrebbe essere un membro della tua famiglia. O quando vedi un paziente, una persona con cui hai parlato solo 5 o 10 minuti prima, portato in ospedale senza volto o senza testa… Siamo tutti affaticati dalla paura e dalla guerra. Tutti volevano la libertà, la rivoluzione, ma ora hanno raggiunto il limite e vogliono solo che finisca la violenza. La tregua in realtà non esiste. Ha diminuito la violenza, ma sentiamo ancora il rumore degli spari. Nelle vicinanze ci sono violenti combattimenti che sembrano sempre più vicini. E abbiamo paura che quando finirà la tregua, la ripresa sarà ancora più dura”.