Report annuale

Esteri: Onu, in aumento i morti tra lo staff in aree di crisi

(DIRE-SIR) – Le violenze contro i funzionari delle Nazioni Unite in missione in aree di crisi sono in costante aumento, e i presidi Onu sono sempre più bersaglio di attacchi diretti da parte dei diversi attori nelle aree di conflitto. Lo rivela l’organizzazione stessa nel suo report annuale sul tema. Nel 2015 ben 23 persone hanno perso la vita, il numero più alto registrato dal 2011 quando si raggiunse il picco dei 26. Nettamente superiore invece il numero dei funzionari che hanno vissuto una situazione di grave pericolo: 1.819, 85 in più rispetto al 2014. Tra queste si registrano attacchi armati, attentati terroristici, disordini di vario genere. Può capitare che lo staff Onu resti coinvolto suo malgrado, oppure che sia l’oggetto dell’attacco per i motivi più diversi. Quest’ultimo caso nel 2015 si è verificato 299 volte, contro le 80 del 2014. Un fatto preoccupante, che fa rimettere in discussione l’attività stessa dell’Organizzazione: “Non possiamo mandare delle persone ad aiutare se non siamo in grado di garantirgli protezione” ha detto Joao Vale de Almeida, ambasciatore dell’Unione europea alle Nazioni Unite, intervenendo alla presentazione del report che si è tenuta a inizio mese al Palazzo di vetro, a New York. I Paesi più rischiosi sono, tra gli altri, Siria, Somalia, Yemen, Afghanistan e Iraq. Il rapporto Onu rende conto anche dei primi sei mesi del 2016: cinque morti e 749 coinvolti in circostanze rischiose per la propria vita. Tra il personale esterno all’organizzazione invece, tra gennaio 2015 e giugno 2016 ben 641 membri hanno subito un incidente mentre 41 persone hanno perso la vita. Rispetto allo stesso periodo 2014-2015, le cifre sono state rispettivamente di 631 e 92. infine, lo studio Onu dimostra che se gli uomini sono a rischio uccisioni, aggressioni e sequestro, le donne sono più esposte a molestie e abusi sessuali, e furti. Lo studio di un’ong indipendente di qualche mese fa ha peraltro dimostrato che le donne impiegate in missioni umanitarie in zone di conflitto – ma anche nei Paesi occidentali – subiscono violenze anche da parte dei loro stessi colleghi e superiori uomini, circostanza che spesso le scoraggia dallo sporgere denuncia. (www.dire.it)