
“Quanto sta accadendo nel mondo indica una cosa sola: è necessario tornare ai fondamentali del vivere civile. Anche in economia. Ci vogliono buon senso e condivisione, attenzione agli altri. Vedo invece sempre di più la tendenza a privilegiare un’economia dello scarto e della conquista, piuttosto che un’economia che torni al suo vero significato: essere un insieme di indicazioni utili per assicurare il benessere della casa e cioè della comunità”. A parlare è Matteo Marzotto, imprenditore, sesta generazione della famiglia Marzotto (industriali del tessile in Italia dal 1836,) oggi presidente di MinervaHub, un gruppo che raccoglie 25 aziende del settore della moda specializzate in finiture e materiali per accessori di lusso per i grandi marchi. Marzotto è però fortemente impegnato anche nel sociale (con la Fondazione Marzotto, la Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica, l’Associazione Nuovi Orizzonti) e ha una visione particolare del fare impresa. Il dialogo con il SIR inizia dalla cronaca. “La nostra generazione – spiega – è ancora psicologicamente legata agli Stati Uniti. Per questo forse quanto sta accadendo è ancora più inquietante. Quello che mi colpisce è come questa nazione, che di fatto ha quasi inventato la globalizzazione e alla quale il mondo deve comunque molto, abbia assunto una postura così ostile. I dazi sono l’ultima tappa di un percorso iniziato da tempo: sono solo la punta dell’iceberg”.
Il quadro è piuttosto lontano dall’economia che si prende cura della “casa”.
“La realtà è quella che è. Vedo diversi ordini di problemi. Gli Usa hanno un debito pubblico enorme in buona parte in mano alla Cina; oltre a questo l’America è diventata una grande piazza finanziaria e ha perduto la capacità di fare buona manifattura, mentre ha sopravvalutato il mercato dell’hi-tech che tra l’altro vive su componenti prodotti da terzi, soprattutto in Cina”.
Quindi?
“Nel giro di 2-3 mesi gli Usa dovranno fare i conti con un’inflazione incontenibile e una recessione importante: farà male agli Americani e a tutto il mondo”.
Come se ne esce?
“L’Europa deve tornare ad essere esempio: dobbiamo negoziare con calma e uniti. Apprezzo chi in questi giorni ha messo da parte l’orgoglio e si è messo a disposizione del dialogo”.
Dialogare significa anche condividere e avere attenzione agli altri.
“Esattamente questo. Vale anche in economia. Io sono un liberale e un credente. Sono convinto della necessità di condividere. L’economia deve avere come obiettivo il benessere della comunità e non l’accaparramento di pochi”.
E il profitto?
“Il profitto ci deve essere, ma deve essere un profitto giusto, al servizio dell’impresa e cioè permettere la vera redistribuzione del benessere. Occorre remunerare chi ha rischiato, ma occorre anche ricompensare chi ha partecipato all’impresa in vario modo”.
Qual è il vero compito di un imprenditore?
“Governare in modo avveduto, consapevole e attento l’azienda. L’imprenditore ha una responsabilità in più: essere esempio buono. Che non significa essere cieco di fronte ai problemi e alle disonestà. Poi, certo, ci possono essere imprenditori che sono capaci di gestire bene e di restituire di più, impegnando una parte della loro vita per gli altri al di là dell’azienda”.
Torniamo all’economia che le imprese vivono oggi. Lei è presidente di un gruppo che fa capo a San Quirico la holding delle famiglie Garrone e Mondini: 1.400 dipendenti e 25 aziende. Quale è la sfida più grande?
“E’ sempre la stessa: dialogare. Non basta comprare aziende e far quadrare in qualche modo i conti. Occorre dialogare dentro e fuori gli stabilimenti e gli uffici per far emergere energie nuove, valorizzare le persone, innovare davvero. Anche nella manifattura. Se le imprese italiane sono riconosciute in tutto il mondo, è perché ci sono persone dietro ai prodotti. Non è un luogo comune, ma la realtà che vivo ogni giorno in MinervaHub. Sono le donne e gli uomini che fanno la differenza, non l’Intelligenza Artificiale e tantomeno la finanza. So bene che questa modalità di fare impresa è più difficile, ma sono convinto che sia l’unica davvero possibile”.
Torniamo alla cronaca. L’economia dello scarto viaggia sui barconi che attraversano il Mediterraneo, vive nelle periferie degradate e nei luoghi di lavoro senza sicurezza. Ma lei crede davvero nella possibilità di un’economia civile?
“Io sono convinto che occorra lavorare contro tutte queste realtà. E’ vero che il degrado sembra crescere in modo incontenibile. E’ però altrettanto vero che il bene c’è, è diffuso e cammina per mezzo di tante persone”.
Impegno per gli altri e verso gli altri. Per lei significa molte cose.
“È vero. Ho fatto molte cose, ma solo alcune giuste. E ho cercato molto prima di trovare la strada giusta. Non è stato facile. Non è facile. E’ un impegno quotidiano, che costituisce una parte importante della mia vita. Penso alla Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica nella quale mi ci sono ritrovato e alla quale sono convinto mi hanno indirizzato Dio e mia sorella Annalisa che ha agito come un angelo. Vale la stessa cosa per l’Associazione Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante. E vale anche per Fondazione Marzotto, nata nel 1959 per volontà di mio nonno per prendersi cura dei bambini da 0 a 6 anni e degli anziani. Si tratta di realtà che mi danno certamente più di quanto io riesca a dare loro”.
Economia e Vangelo. Come vede il binomio?
“Io credo non vi sia contrapposizione. A patto però che si crei un valore onesto e sano, nel rispetto delle persone e del Creato. E dobbiamo sempre essere pronti a dare oltre che a ricevere”.