Martiri di Damasco. Mons. Jallouf (Aleppo): “Una grazia per la Siria”

Oggi festa di santo Stefano, protomartire, la Chiesa ricorda tutti coloro che sono stati uccisi in odio alla fede. Il 20 ottobre scorso Papa Francesco ha canonizzato i “Martiri di Damasco”, otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti. Padre Jallouf, vicario apostolico di Aleppo, tratteggia l'attualità del loro martirio anche alla luce degli ultimi sviluppi in Siria

Uniti intorno all’Eucarestia: così sono ritratti Manuel Ruiz e compagni martiri, meglio noti come “Martiri di Damasco”, otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti, i fratelli Massabki, nell’arazzo che campeggiava sulla facciata della basilica di san Pietro il 20 ottobre scorso, giorno della loro canonizzazione. Oggi, festa di Santo Stefano, protomartire, a ricordarli è mons. Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo per i cristiani di rito latino di tutta la Siria. “Papa Francesco – dice al Sir – ha scelto questi 11 martiri, perché uccisi in odio alla fede come tanti altri nel 1860. Una marea di martiri che levano in aria, davanti a Dio, la palma del martirio”.

La storia. Dagli atti del martirio che si colloca nel contesto di persecuzione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti, che a partire dalla primavera 1860 si allargò dal Libano alla Siria, emerge che “la folla fanatica dei persecutori invase il popoloso quartiere cristiano di Damasco, che contava circa 3.800 abitazioni, e si abbandonò ad ogni sorta di violenza, dopo aver chiuso tutte le vie di fuga. La sera del 9 luglio di quell’anno, un gruppo di fanatici penetrò nel convento di san Paolo trucidando tutti quelli che erano presenti in convento – frati e laici – riuniti in chiesa per pregare, confessarsi e ricevere l’Eucaristia, così da trovare in essa la forza di affrontare la prova. Quando gli assassini fecero irruzione, san Manuel Ruiz si recò immediatamente al tabernacolo per consumare le restanti particole, perché non fossero profanate. E proprio sull’altare cadde vittima dell’odium fidei, non prima di ribadire la propria fede con queste parole: ‘Sono cristiano e morirò da cristiano’”. Alle undici vittime, prima di infliggere i colpi mortali, gli aggressori chiesero di rinunziare alla fede cristiana e di abbracciare l’Islam, invito che fu decisamente rifiutato.

(Foto AFP/SIR)

Una grazia per la Siria. Mons. Jallouf non manca di collegare la canonizzazione dei martiri di Damasco alla liberazione della Siria dopo la recente caduta del regime di Bashar al Assad per mano del gruppo islamista di Hayat Tharir al Sham (Hts):

“la loro canonizzazione, avvenuta nello stesso anno della liberazione del nostro Paese, è una grazia per la Siria”

che “ora ha tra i suoi protettori questi martiri. Il loro esempio serve a dare vigore all’albero della nuova Siria e a ricordare quanti, in questi anni di guerra, hanno perso la vita. Nella sofferenza c’è l’unità”. Ma serve anche a ribadire, aggiunge, che “la persecuzione contro la fede cristiana non si è mai placata. La Chiesa è sempre stata irrorata dal sangue dei suoi martiri. Come diceva lo scrittore cristiano Tertulliano ‘il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani’. Martire significa anche testimone e i cristiani sono chiamati, anche nella sofferenza, a testimoniare la bellezza del Vangelo”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Attualità del martirio. Il martirio, dunque, non è solo un fatto del passato. Papa Francesco ricorda spesso che oggi la Chiesa è più perseguitata che mai. In Medio Oriente conflitti e persecuzioni hanno costretto molti cristiani ad abbandonare le loro terre. Da qui il “messaggio di coraggio e speranza” che arriva dai martiri di Damasco, come ricorda fra Alessandro Coniglio, professore presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme: “Essi hanno scelto di continuare a testimoniare il Vangelo ed il loro essere cristiani pur di fronte ad un crescente pericolo.

La loro scelta di rimanere fedeli a Cristo, anche di fronte alla morte, è un grande esempio che invita tutti noi a vivere la fede con coraggio e determinazione.

La loro storia ricorda l’importanza della missione e dell’annuncio del Vangelo, anche in contesti difficili e pericolosi”.

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