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Yamandú Orsi è il nuovo presidente dell’Uruguay. Card. Sturla: “Noi siamo per il dialogo con tutti e continueremo a esercitarlo”

Yamandú Orsi (Frente Amplio), particolarmente vicino a Mujica, anche se indubbiamente privo del suo carisma, è riuscito a prevalere su Delgado, e sarà il prossimo presidente dell’Uruguay. Orsi, professore di storia, alla guida di una ampia e variegata coalizione di centrosinistra (il Fronte amplio, appunto, la versione sudamericana del “campo largo”) ha ottenuto il 52,3%, contro il 47,97% di Delgado (Partito Nazionale), al quale non è bastato sommare il 27% del primo turno con il 17% del Partido Colorado, oltre al consenso di altri candidati minori di destra

(Foto Ansa/SIR)

Più del “soccorso” al candidato moderato Álvaro Delgado da parte dei partiti di centrodestra sconfitti al primo turno, è stato decisivo l’appello dell’ex presidente progressista José Pepe Mujica, novantenne e molto malato, che, per quanto gli era possibile, si è speso in campagna elettorale per il candidato di centrosinistra, e ieri si è recato zoppicante al suo seggio. Così, Yamandú Orsi (Frente Amplio), particolarmente vicino a Mujica, anche se indubbiamente privo del suo carisma, è riuscito a prevalere su Delgado, e sarà il prossimo presidente dell’Uruguay. Orsi, professore di storia, alla guida di una ampia e variegata coalizione di centrosinistra (il Fronte amplio, appunto, la versione sudamericana del “campo largo”) ha ottenuto il 52,3%, contro il 47,97% di Delgado (Partito Nazionale), al quale non è bastato sommare il 27% del primo turno con il 17% del Partido Colorado, oltre al consenso di altri candidati minori di destra.

Orsi succede al moderato Luis Lacalle Pou (in Uruguay non è previsto un secondo mandato consecutivo per il presidente), che pure godeva nei sondaggi di un elevato consenso, che non è riuscito a far transitare al suo delfino. Un po’ come era successo, a parti invertite, cinque anni fa, quando il Partito Nazionale aveva interrotto un quindicennio a guida progressista.

Con questa tornata elettorale, in ogni caso, il “piccolo” Uruguay (meno di tre milioni di abitanti, oltre la metà concentrati nell’area metropolitana di Montevideo) ha nuovamente dimostrato di essere, per molti aspetti, “un’isola felice”, rispetto al turbolento contesto politico sudamericano, caratterizzato, particolarmente negli ultimi anni, da una fortissima polarizzazione politica e sociale, che spesso ha premiato le ali estreme dei diversi schieramenti, mentre è cresciuta la fragilità delle Istituzioni e della vita democratica. In Uruguay, invece, la democrazia si è confermata in salute, e le due proposte di centrosinistra e centrodestra hanno visto la prevalenza delle componenti più moderate di ciascuna coalizione. Lo stesso Orsi è conosciuto come un mediatore, lontano da posizioni radicali.

Un’eccezione rispetto al contesto latinoamericano. Una tendenza che viene valutata positivamente anche dalla Chiesa uruguaiana, anche se non mancano alcune preoccupazioni, come l’aumento della povertà. Lo spiega al Sir il cardinale Daniel Sturla, arcivescovo di Montevideo: “Certamente, l’Uruguay è un’eccezione in America Latina, perché è il Paese con la democrazia più consolidata, in cui ci si aspetta che i risultati siano limpidi, e su questo nessuno dubita, nei diversi schieramenti. C’è, da questo punto di vista, un’assoluta tranquillità. Al tempo stesso, anche se in questi giorni, in occasione del ballottaggio abbiamo assistito a una certa polarizzazione ‘fisiologica’, entrambi i candidati si sono salutati con cordialità dei faccia a faccia, ci sono luoghi di Montevideo in cui ci sono state manifestazioni di militanti, dell’una e dell’altra parte, contemporaneamente. Tutte, si sono svolte in modo pacifico e in un clima di rispetto. Credo che si tratti di un bell’esempio di sana convivenza e di trasparenza del processo elettorale”.

La speranza dell’arcivescovo è che, anche nel prossimo quinquennio, la politica sappia guardare al bene comune. “Una delle caratteristiche dell’Uruguay è che c’è una scarsa corruzione – spiega il porporato -. C’è la convinzione che i principali attori politici non operino per la loro convenienza, ma nell’ottica del bene comune. Naturalmente, tra le varie proposte, ed è accaduto anche stavolta, ci sono delle differenze, ognuno ha la sua visione. In questo caso, Álvaro Delgado, che rappresentava il partito di Governo negli ultimi cinque anni, aveva una chiara posizione di centrodestra. Orsi, dal canto suo, ha, all’interno della sua coalizione, anche forse politiche radicali, come lo stesso Partito comunista, che non ha alte percentuali, ma un suo ruolo molto significativo. In ogni caso, è solida la convinzione che l’uno e l’altro tra i due candidati avessero proposte mirate al bene comune, e c’è la certezza che in ciascuno dei due candidati c’era la volontà di sollevare quella fascia di popolazione che vive sotto il livello di povertà, si tratta del 9%”. Va detto, da questo punto di vista, che si tratta di una forte preoccupazione, perché, “anche se la percentuale è decisamente più bassa rispetto al resto dell’America Latina, si tratta di un nocciolo duro di povertà molto forte, e la soluzione si può trovare non soltanto se si opera con scelte economiche, serve un salto culturale. Un altro tema è quello dell’educazione, il Governo lo dovrà affrontare”.

“Piccola” Chiesa presente in modo attivo nella società. L’Uruguay, oltre che il Paese più solido dell’area per quanto riguarda la sua democrazia, è, come è noto, caratterizzato anche da una forte secolarizzazione, e storicamente, da un notevole laicismo, da parte delle Istituzioni. Secondo il card. Sturla, la Chiesa è, però, un attore presente nella società in modo significativo, e, nel complesso, ascoltato dal mondo politico: “Sappiamo che la nostra Chiesa è povera, libera, piccola e bella”. La Chiesa, in ogni caso, “annuncia Cristo e continua a essere presente in diversi ambiti in cui si costruisce la Nazione, nell’educazione, sia formale che non formale. Lo facciamo, in quest’ultimo ambito, anche in accordo con lo Stato, attraverso ong che puntano a prevenire e a contenere le tensioni nei quartieri più poveri di Montevideo, per esempio con programmi statali affidati a organizzazioni private. C’è, poi, un’attenzione diretta ai più svantaggiati, ai più poveri, a chi vive in strada, al tema della tratta. E ci sono cattolici presenti nei vari ambiti”.

La Chiesa porta un suo contributo al Paese, ma, “come sappiamo, è chiamata soprattutto ad annunciare il Vangelo, la salvezza che Cristo ci dona, e da questo punto di vista permangono problemi di comunicazione. Si tratta di una grande sfida per la Chiesa. Siamo chiamati ad annunciare che Cristo salva e trasforma la vita. A volte, abbiamo visto che gli evangelici, che pure non sono particolarmente numerosi in Uruguay, riescono a portare, pur con grandi differenze tra loro, un annuncio più ‘caldo, più efficace’, ma come Chiesa dell’Uruguay, e qui a Montevideo, stiamo lavorando molto per annunciare Cristo, nelle parrocchie, nei quartieri, nelle varie situazioni, con laici molto impegnati, ad annunciare il Vangelo soprattutto alla popolazione di strada, a chi esce dal carcere, nella pastorale che previene e affronta il tema delle dipendenze. Abbiamo fondato un hospice per persone in fine vita, lavoriamo nel tema delle abitazioni. Abbiamo invitato a tutti i candidati alla presidenza a visitare le nostre opere, abbiamo presentato le nostre richieste e preoccupazioni, e sono state molto ben accolte. Noi siamo per il dialogo con tutti e continueremo a esercitarlo con il nuovo Governo”.

(*) giornalista de “La vita del popolo”

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