“Le persone hanno molta paura della guerra. Ci troviamo davvero in una situazione difficilissima, in tutto il Libano, ovunque. La gente ha paura della guerra, della distruzione totale degli edifici e delle conseguenze di un attacco a tappeto anche sulla città. La paura è ovunque. Si vive con l’ansia aspettando di vedere di minuto in minuto come la situazione si evolve e verso quale direzione sta andando. Le persone sono spaventate”. A raccontare lo stato d’animo della popolazione è padre Marwan Moawad, sacerdote maronita, parroco della chiesa di San Marone di Bouchrieh, un quartiere popolare che si trova a un paio di chilometri dalla zona del porto, a Nord di Beirut. È stata una giornata complicatissima ieri con un massiccio attacco di Israele nella regione della Bekaa e nel sud del Libano. Secondo fonti della Difesa israeliana, sono stati colpiti 800 obiettivi di Hezbollah. Il bilancio delle vittime è pensatissimo e in continua evoluzione: oltre 490 vittime e 1.645 feriti. Secondo fonti locali Unicef, aggiornati a ieri sera (23 settembre), almeno 24 bambini sono morti nel sud del Libano. “Per tutta la giornata si sono susseguiti appelli e allarmi che hanno messo in agitazione l’intera popolazione”, racconta il sacerdote. Segno evidente di una situazione di altissima tensione, è l’arrivo a Beirut degli sfollati dal Sud del Paese. Sono stati emessi ordini di evacuazione per le famiglie nella valle della Bekaa e nel Libano meridionale. E così centinaia di persone si sono messi in fila per le strade fuggendo dai bombardamenti israeliani. L’emittente britannica Skynews indica 160mila profughi. “Nel sud del Libano – racconta il parroco – non c’è più nessuno. Le persone si spostano, vengono a Beirut o nei quartieri della periferia per trovare un po’ di sicurezza. Non ho in questo momento i numeri. Non saprei dire esattamente quanti siano. Sappiamo che sono tanti. L’abbiamo visto anche qui in parrocchia. Domenica alla Messa, la Chiesa era piena”.
Al momento – spiega il sacerdote – la parrocchia non accoglie gli sfollati. Ma è attiva ad aiutare queste persone che arrivano, dando aiuti alimentari e medicine, che i parrocchiani hanno già provveduto a stipare nei magazzini della parrocchia. “Non sappiamo cosa succederà. Ma intanto li aiutiamo e li sosteniamo. Arrivano qui senza niente”. Le scuole rimangono chiuse in tutto il Paese. “Il ministro dell’Istruzione – fa sapere padre Moawad – ha dato indicazioni a tutti i direttori delle scuole pubbliche di aprire le porte degli edifici scolastici all’accoglienza dei rifugiati”.
Il sacerdote lancia due appelli. Il primo, lo rivolge alle chiese che sono in Italia. È un invito accorato “a pregare, a essere uniti nella preghiera, perché davvero abbiamo bisogno di un miracolo per fermare questa guerra mortale in Libano”. Il secondo appello è per i leader politici e per chi ha la possibilità di agire. “Come chiesa maronita, chiediamo sempre al Signore di donare la sua luce a tutte le menti affinché si aprano con saggezza e responsabilità alla pace. Il nostro appello è quello di fermare l’intervento dell’Iran e la sua influenza sul Libano e di aiutare il Libano a trovare una soluzione alle armi di Hezbollah che ancora minacciano il Libano e che Israele cessi di cercare un pretesto per bombardare il Libano e uccidere persone innocenti e senza pietà.Che il Dio della pace ispiri infine anche i responsabili delle Nazioni Unite a fermare la guerra, a lavorare per trovare vie di soluzioni pacifiche, ad ascoltare la voce del popolo che chiede sicurezza e futuro”.