Cile. Mons. Rebolledo: “Molti migranti vengono qui con bei progetti di vita. Da loro viene un grande arricchimento”

Subito dopo le elezioni di domenica 28 luglio in Venezuela, il presidente cileno ha rafforzato i controlli alle frontiere. E il dibattito sull’accoglienza ai venezuelani, particolarmente divisivo, è tornato d’attualità. Un messaggio “profetico”, in controtendenza, arriva dai vescovi cileni, che lo scorso giugno hanno offerto alle Istituzioni, alla società civile e ai fedeli un’articolata riflessione sul tema, insieme a un deciso appello al Governo perché proceda a regolarizzare coloro che hanno un lavoro e una sistemazione, almeno 181mila persone, ma probabilmente molte di più

(Foto Cech)

Facile esprimere, a parole, solidarietà al popolo venezuelano, privato della possibilità di scegliersi i propri governanti in elezioni realmente libere. Più difficile accogliere gli stessi venezuelani che, di fronte a una situazione che sembra senza uscita, continuano a fuggire dal loro Paese. È quanto sta accadendo in Cile, Paese lontano, rispetto al Venezuela, ma molto attrattivo per il suo tenore di vita, superiore alla media latinoamericana. Così, il presidente Gabriel Boric, subito dopo le elezioni di domenica 28 luglio in Venezuela, ha rafforzato i controlli alle frontiere. E il dibattito sull’accoglienza ai venezuelani, particolarmente divisivo, è tornato d’attualità. Un messaggio “profetico”, in controtendenza, arriva dai vescovi cileni, che lo scorso giugno hanno offerto alle Istituzioni, alla società civile e ai fedeli un’articolata riflessione sul tema, insieme a un deciso appello al Governo perché proceda a regolarizzare coloro che hanno un lavoro e una sistemazione, almeno 181mila persone, ma probabilmente molte di più. Il documento, lungo oltre cinquanta pagine, si intitola “Ero straniero e mi avete accolto (Mt 25,35), una visione cristiana della migrazione”.

(Foto Cech)

“Le normative per l’ingresso di stranieri nel Paese sono così restrittive e complicate, che non riusciamo neppure a far entrare in Cile i missionari”. Fa un esempio paradossale mons. René Rebolledo, arcivescovo di La Serena e presidente della Conferenza episcopale cilena (Cech), parlando al Sir dell’emergenza migratoria nel Paese. L’iniziativa prende le mosse dall’esigenza di lanciare un messaggio chiaro, ragionato e fondato, a partire da una prospettiva di solidarietà e accoglienza, mentre si assiste con forte preoccupazione a scelte politiche sempre meno accoglienti e più restrittive e a un crescente sentimento sfavorevole alla migrazione tra i cileni.

Un Paese “attrattivo” e la preoccupazione della popolazione. Il fenomeno migratorio, del resto, è in Cile relativamente recente. E ha avuto una vera e propria impennata negli ultimi anni, con il massiccio arrivo di venezuelani, che entrano dalle frontiere desertiche settentrionali con il Perù e la Bolivia. Il Paese è attrattivo, per avere dati macroeconomici e indici di ricchezza più alti rispetto agli altri Stati andini. Secondo la Banca mondiale, il Cile ha la più alta incidenza di stranieri, rispetto alla popolazione totale, del Sudamerica (7,7%). Secondo i dati resi noti nel dicembre scorso dal Servizio nazionale delle migrazioni, relativi a fine 2022, gli stranieri in Cile sono oltre un milione e 600mila. Un terzo di loro è venezuelano. Proprio alcuni venezuelani si sono resi protagonisti di gesti criminali che hanno causato rabbia, paura e, spesso, aperta ostilità nell’opinione pubblica. Il sondaggio dell’Università Cattolica 2023 per il Bicentenario, ad esempio, mostra che il 91% degli intervistati ritiene che l’immigrazione abbia avuto un effetto sull’aumento della criminalità. Il 78% riconosce un conflitto tra cileni e stranieri e il 47% ritiene che la presenza di immigrati renda il Cile un Paese peggiore in cui vivere. “Non vogliamo in alcun modo ignorare la complessità e l’elevato impatto della questione migratoria sulla società, sia su coloro che migrano sia sulle comunità che li accolgono. Né vogliamo invalidare le legittime domande che i cittadini si pongono di fronte a un fenomeno relativamente recente – la massiccia migrazione -; al contrario, vogliamo contribuire alla riflessione e alla ricerca di risposte. Ciò che ci muove è che, soprattutto come cristiani, non parteciperemo semplicemente ai pregiudizi sociali e alle visioni semplicistiche su una questione umana e sociale così importante, perché il Vangelo ha al suo centro l’impegno alla fraternità, così come al rispetto e alla promozione della dignità umana”, scrive mons. Sergio Pérez de Arce, arcivescovo di Concepción e segretario generale della Cech, nella prefazione del documento.

La sfida dell’interculturalità. Mons. Rebolledo è convinto che la questione vada affrontata in modo articolato, senza scorciatoie. “Più volte da singoli vescovi, ma anche dalla stessa Conferenza episcopale, nei vari messaggi, sono venuti appelli all’accoglienza dei migranti. Mancava, però, un documento approfondito e completo, che affrontasse la questione da diversi punti di vista. Perciò, abbiamo deciso di offrire, con umiltà e apertura, questa riflessione a tutti coloro che si occupano del fenomeno migratorio, ai governanti, alla società civile, ai nostri fedeli. Il documento, che presentiamo, è articolato in quattro parti: uno sguardo alla realtà; un approccio biblico e insieme di esposizione del magistero della Chiesa, soprattutto di Papa Francesco; il racconto delle azioni di accoglienza e integrazione che vengono messe in atto da organismi della Chiesa; un triplice appello finale ai cileni, ai governanti e agli stessi migranti”.

Prosegue il presidente dell’episcopato: “Nella mia diocesi, a La Serena, nel centro-nord del Cile, ogni giorno ho occasione per conversare, in media, con quattro-cinque migranti. Se li si ascolta, si comprende che il nostro punto di vista deve cambiare. La grande maggioranza, tra loro, viene qui per avviare dei bei progetti di vita, per lavorare e dare il proprio contributo alla nostra società. Sono convinto che, alla lunga, si tratti di un grande arricchimento. Certamente, ci sono stati dei gravi episodi di criminalità e questi hanno un grande impatto nell’opinione pubblica. Ma essi riguardano una piccolissima parte degli stranieri che vivono nel Paese”. Mons. Rebolledo insiste, in particolare, su un punto: “La multiculturalità è già presente in Cile. Abbiamo, come è noto, tanti venezuelani, poi colombiani, peruviani, boliviani, ma anche haitiani, cinesi… La diversità di culture ci invita a costruire l’interculturalità, così da dare vita a un arricchimento reciproco. È una sfida che riguarda particolarmente noi cristiani e le nostre comunità”.

L’appello al Governo. La premessa alla costruzione di una società più fraterna e plurale è l’esistenza di normative che non vedano lo straniero esclusivamente come una minaccia. “Recentemente – racconta il presidente della Cech – abbiamo avuto modo di manifestare le nostre preoccupazioni direttamente al presidente Gabriel Boric, quando siamo stati ricevuti al palazzo della Moneda. Ci sono persone con progetti di vita, famiglie intere, non c’è motivo per non dare loro un regolare permesso di soggiorno”. È, appunto, ciò che chiede con forza il documento della Chiesa cilena: “Invitiamo le autorità e gli altri attori politici e sociali a promuovere strategie efficaci per consentire la regolarizzazione dello status migratorio delle persone che attualmente si trovano in una situazione irregolare e non hanno problemi penali o criminali”.

*giornalista de “La vita del popolo”

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