Frana Papua Nuova Guinea. P. Licini: “La montagna è venuta giù, non c’è speranza di trovare superstiti”

“La montagna è venuta giù alle 3 di notte per conto suo. Come succede ovunque nel mondo. Nessuno può farci niente. Nessun segnale premonitore”. È padre Giorgio Licini, missionario del Pime e segretario generale della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea a raccontare al Sir la catastrofe che nella notte tra il 23 e il 24 maggio ha investito la provincia di Enga dove una frana ha colpito decine di abitazioni e alcuni villaggi provocando finora – secondo le previsioni delle Nazioni Unite – 2 mila morti, rimasti sepolti sotto la terra. Intanto è partita la macchina della solidarietà e si è mobilitata anche Caritas Australia

(Foto ANSA/SIR)

La situazione è “tragica. Praticamente nessuna speranza di trovare superstiti”. Risponde così, in maniera telegrafica, padre Giorgio Licini, missionario del Pime e segretario generale della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea al quale il Sir ha chiesto, via mail a causa del fuso orario, di fare il “punto” della situazione a quattro giorni dalla catastrofica frana che ha colpito venerdì scorso, 24 maggio, la nazione del Pacifico. “La montagna è venuta giù alle 3 di notte per conto suo. Come succede ovunque nel mondo. Nessuno può farci niente. Nessun segnale premonitore”, aggiunge il missionario. La maggior parte delle persone stava dormendo al momento del disastro ed ha avuto anche poco tempo per scappare. E’ stato un disastro. Ora le autorità stanno evacuando le circa 8.000 persone dai villaggi vicino al luogo della frana. La montagna è venuta giù in una zona quasi inaccessibile e ciò ha reso i soccorsi ancora più difficili. Secondo le prime stime circa 2.000 persone sono rimaste sepolte nello smottamento. Sarebbe una cifra molto più alta delle 670 suggerite dalle Nazioni Unite nel fine settimana. Il religioso conferma le stime. “Cosi hanno detto ieri le autorità”, ma poi aggiunge: “Bisognerebbe sapere quanta gente veramente viveva in quei villaggi remoti per una stima attendibile delle vittime”. La priorità in queste ore è l’evacuazione della popolazione perché la terra ancora si muove e le rocce continuano a cadere.

“L’area – spiega padre Licini – fa parte della parrocchia di Kasap, diocesi di Wabag, provincia di Enga”. Forse qualche individuo o famiglia della locale comunità cattolica possono essere rimasti coinvolti dalla frana. “Le comunità della zona sono per lo più luterane e avventiste”. La regione è densamente popolata e, secondo i report locali, ha una popolazione giovane. Le autorità temono che molte delle vittime siano bambini sotto i 15 anni. In un telegramma a firma del segretario di Stato Parolin inviato al nunzio Lalli, Papa Francesco ha assicurato la sua vicinanza alle famiglie delle vittime. Anche il segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) Jerry Pillay ha espresso cordoglio. “Non siete dimenticati. Siete figli di Dio tenuti in preghiera dalla vostra famiglia ecumenica globale”.

Intanto è partita la macchina della solidarietà. “Al momento la diocesi – fa sapere padre Licini – è pronta a ricevere aiuti e distribuirli. I soccorritori al momento sono sostenuti dal governo nazionale, provinciale e dalla International Organization for Migration delle Nazioni Unite”. Ma gli abitanti della zona colpita dallo smottamento – aggiunge il sacerdote – “non hanno bisogno di nulla. Sono tutti sotto la frana”. I convogli umanitari stanno cercando di consegnare gli aiuti umanitari ma si trovano ad affrontare condizioni difficili con la terra che sta ancora franando a causa del flusso delle falde acquifere.

Caritas Australia ha lanciato un appello per la Papua Nuova Guinea. I partner di Caritas Australia sul campo in Papa Nuova Guinea – si legge in un comunicato – stanno conducendo una rapida valutazione dei bisogni nei villaggi colpiti per determinare le priorità più urgenti. La popolazione totale dell’intera zona interessata è di circa 4.000 persone, ma questo numero – fa sapere Caritas Australia – potrebbe essere più elevato a causa dell’aumento del numero di sfollati che vivono nell’area negli ultimi tempi. “Mentre gli sforzi di salvataggio continuano, coloro che hanno perso la casa avranno urgentemente bisogno di cibo, riparo e acqua pulita nelle settimane e nei mesi a venire. Il momento di agire è adesso”.

 

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