“Gerusalemme la città nuova, la città della Resurrezione. Anche noi vogliamo risorgere…”: ha cantato così Celin Ahmad Abu Tayer davanti a Papa Francesco ieri allo Stadio Olimpico, per la prima Giornata mondiale dei Bambini. In oltre 50 mila da 101 Paesi hanno riempito gli spalti colorandolo e vestendolo a festa. Tra questi anche un gruppo di circa 60 tra bambini e accompagnatori venuti da Gerusalemme, Betlemme e Gaza.
Il canto di Celin. Celin, non vedente dalla nascita, ha realizzato il suo sogno di esibirsi davanti al Papa. In maniera inaspettata. A raccontare il ‘dietro le quinte’ al Sir è Adriana Sigilli, presidente dell’associazione “Oasi di pace”: “accompagnavo Celin e una sua amica che dovevano consegnare un piatto di madreperla fatto da piccoli artisti di Betlemme al Papa. Quando mi sono trovata al cospetto del Pontefice gli ho detto: ‘Santità, questa bambina non vedente ha solo la voce da donarle e vorrebbe cantare per lei. A quel punto il Papa ha chiamato padre Enzo Fortunato dicendogli che ci sarebbe stato un piccolo cambio di programma. Così è nata l’esibizione di Celin”. Un motivo di orgoglio per Fra Paulo Francisco Paulista, direttore della scuola ‘Helen Keller’ di Beit Hanina (Gerusalemme), frequentata da Celin e da un centinaio di bambini con bisogni speciali, soprattutto con problemi visivi.
La domanda di Victor. Ma ieri è stata anche la giornata di Victor, tredici anni di Betlemme che a Papa Francesco ha raccontato la sua vita dentro “la città chiusa da un muro che la soffoca” spiegando che “il mio papà e la mia mamma non lavorano da otto mesi perché non ci sono pellegrini. Ho saputo che nel mondo ci sono tante guerre come da noi, ma voglio farti una domanda. Che colpa abbiamo noi bambini se siamo nati a Betlemme o a Gerusalemme o a Gaza? Noi vogliamo solo giocare, studiare vivere liberi come tanti altri bambini del mondo”. Il gruppo è arrivato allo stadio in bus nella tarda mattinata, atteso da un gruppo di scout, volontari della Gmb, che lo hanno assistito per tutto il tempo.
In pochissimo tempo un pezzetto della tribuna laterale della Tribuna Montemario si è trasformato in un angolo di Palestina, visibile anche da lontano per il continuo sventolio di bandiere nazionali, di costumi tipici indossati da alcune bambine che ne hanno fatto sfoggio in mezzo ai loro coetanei. Tanti sorrisi ma poca voglia di parlare.
“Vogliamo goderci questo tempo di serenità”
dice al Sir la madre di Rima, 12 anni, da Gaza, portata in Italia per cure mediche urgenti. “Molti di loro non erano mai usciti prima dalla Striscia – spiega Sigilli, che con l’associazione Oasi di Pace ha promosso questo ‘pellegrinaggio’ dalla Terra Santa a Roma per la Gmb – e adesso provano a superare lo shock della guerra. Ognuno di questi palestinesi ha perso qualche persona cara, il lavoro, la casa. Ci sono anche bambini in carrozzina e altri privi di un arto a causa delle bombe. Non hanno nessuna voglia di parlare di guerra ma solo godersi il momento presente”. “So che siete tristi per le guerre” aveva ricordato poco prima Papa Francesco rispondendo alle domande dei bambini.
Le coccole di Salem. “I più piccoli cercano conforto tra le braccia dei loro familiari – racconta padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa che accompagna il gruppo in ogni spostamento – i più fortunati hanno vicino i loro genitori, altri rimasti orfani, una nonna o una zia. Come il piccolo Salem, meno di 4 anni. I genitori sono rimasti a Gaza, lui è arrivato da qualche mese in Italia con la zia per essere curato per una patologia neurologica”. Salem dispensa coccole a tutti coloro che lo prendono in braccio dando così il via ad una gara tra i volontari per prenderlo. Esibizioni musicali, una sfilata delle delegazioni da tutto il mondo, momenti sportivi: la giornata allo Stadio Olimpico si è conclusa col saluto al Papa. Il tempo di rientrare in albergo, cenare e fare festa con i volontari scout, condita da canti tradizionali e da scambi di doni fatti a mano dai lupetti. Stamattina nuovo incontro con Papa Francesco, per la messa e l’Angelus. In programma anche un monologo di Roberto Benigni.