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I risultati delle primarie Usa parlano chiaro: a novembre la sfida sarà Biden-Trump

Biden contro Trump o Trump contro Biden: i risultati delle primarie statunitensi che si sono tenute martedì in 15 stati hanno chiaramente indicato che le elezioni di novembre saranno ancora una volta una sfida vintage, ma in uno scenario totalmente altro rispetto al 2020. Non c'è la pandemia, ma due guerre in corso, un'economia che pare florida ma non convince l'elettorato, un Congresso in cui l’ala moderata di entrambi i partiti si è enormemente ristretta. Ma il ruolo delle fedi continua ad essere determinante nel processo elettorale

(Foto ANSA/SIR)

(Da New York) Biden contro Trump o Trump contro Biden: i risultati delle primarie statunitensi che si sono tenute martedì in 15 stati hanno chiaramente indicato che le elezioni di novembre saranno ancora una volta una sfida vintage, ma in uno scenario totalmente altro rispetto al 2020.

Non c’è più la pandemia da Covid-19, che aveva chiuso il mondo e defenestrato tanti dei politici che avevano provato a governarla. Donald Trump, intanto, è alle prese con 91 capi di imputazione e invece che vivere da ex presidente, negli ultimi quattro anni si è concentrato nel prendere il possesso del partito repubblicano e ampliare il suo movimento Maga (Make America Great Again) con non pochi estremisti. Joe Biden si trova invischiato in due guerre che non avrebbe voluto: quella Ucraina, giunta al suo terzo anno e quella tra Israele e Hamas che non vede all’orizzonte la parola fine. Assieme ai fermenti esteri, Biden si trova a governare una nazione dove le voci estreme eclissano i moderati e anche la sua, che deve fare i conti con l’età, come il suo concorrente, e con media più impegnati a cercare  le gaffe che i successi e le ombre delle sue politiche.

Il nuovo match Trump-Biden non sarà quindi lo stesso. Dal Congresso è scomparsa, o meglio si è estremamente ristretta l’ala moderata di entrambi i partiti, perché gran parte dei senatori e dei deputati centristi non vogliono servire da bersaglio a veleni e ritorsioni che rendono i progetti di legge bipartisan estenuanti nei processi e irrilevanti nei risultati. Prova ne è quello sulla gestione della sicurezza al confine con il Messico, risoltosi con clamorosa bocciatura perché campo di battaglia perfetto per le elezioni e non per le soluzioni che avevano trovato d’accordo esponenti moderati di entrambi i partiti.  L’America florida raccontata dai dati economici, che mostrano un Pil annuale cresciuto del 2,5%, con un’inflazione dimezzata rispetto a quella del 2022, con un mercato del lavoro forte, dove la disoccupazione sfiora il  3,7%, non convince gli stessi americani. La classe media sta scomparendo, sempre più ai margini della ricchezza generata dalle corporation e impotente di fronte ai rapidi cambiamenti del mondo, innescati dalle Big Tech senza una regolamentazione efficace.

Il ruolo delle fedi continua ad essere determinante nel processo elettorale, come prova l’analisi del voto di martedì che ha visto gli evangelici bianchi schierarsi, talvolta con percentuali oltre il 75% a fianco di Donald Trump. Le ragioni vanno ricercate in un’adesione fideistica al partito repubblicano e nella ricerca di un guerriero in grado di fronteggiare la barbarie della modernità e degli esponenti del partito democratico. Secondo Samuel Perry dell’università dell’Oklahoma, “nonostante l’ex presidente sia un bugiardo e un donnaiolo seriale, che ha organizzato quasi un colpo di Stato, e che continua a minacciare violenza contro gli avversari, permane la convinzione che nessun candidato repubblicano, non importa quanto problematico sia, potrebbe essere peggio di avere un democratico”.

Biden dal canto suo, come secondo presidente cattolico nella storia degli Stati Uniti, continua a difendere temi come la libertà di scelta in caso di aborto o i temi dei transgender e della comunità Lgbtq+, non sempre in linea con la dottrina della Chiesa. Tuttavia questi temi, se non gli alienano del tutto le simpatie cattoliche, dall’altro allargano la base elettorale. Tuttavia le nuove elezioni si potrebbero rivelare una corsa in salita con la comunità musulmana particolarmente frustrata per l’inazione su Gaza e per i veti sul cessate il fuoco.

“Mentre la nazione si prepara alle elezioni generali, i fedeli laici sono chiamati a esercitare la loro speciale vocazione di rendere la Chiesa presente e fruttuosa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui è solo attraverso di loro che essa può diventare il sale della terra”, così si è espresso l’arcivescovo di San Antonio Gustavo García-Siller in un editoriale pubblicato sulla rivista America a proposito del ruolo dei cattolici in queste prossime elezioni.  Il vescovo ricorda che “i cristiani non sono un circolo sociale che si riunisce la domenica per ricevere slogan che suonano carini. Dobbiamo influenzare il cuore della società!”. Il punto di partenza? Per monsignor García-Siller è chiedersi se la cura del prossimo è prioritaria nei programmi di un candidato.

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