Il 5 febbraio del 2023 moriva a San Paolo del Brasile, investita da una bici in fuga, Loredana Vigini, 53 anni, triestina, fidei donum appassionata, insegnante di religione, fondatrice della comunità “Semente viva”, donna dal cuore grande.
Cadendo, aveva sbattuto la testa ed era entrata in coma, dopo due giorni era stata dichiarata la morte cerebrale. Questa triste vicenda ha sì sconvolto diverse comunità – quella brasiliana alla quale Loredana apparteneva da oramai 10 anni, quella diocesana di Trieste che l’aveva formata e amata, la parrocchia della sua infanzia -. Ma assieme al lutto però c’era stata anche la forte consapevolezza che quella vita fosse stata spesa bene, fino all’ultimo minuto. Accanto ai fratelli, sotto il mandato evangelico. Nell’immediato del decesso la nostra redazione aveva intervistato don Alessandro Amodeo, direttore del Centro missionario diocesano di Trieste, amico di vecchia data di Loredana.
“Da un lato c’è un forte dolore per la sua morte – ci aveva confidato -, ma dall’altro la certezza che la sua è stata una vita vissuta in pienezza: stava facendo esattamente ciò per cui era nata, rispondendo a una vocazione di Dio su di sé, in coerenza estrema con ciò che aveva iniziato in Italia”.
All’unanimità, amici, sacerdoti, compagni e famigliari avevano parlato di lei come di una missionaria realizzata e felice. Non è da tutti centrare appieno la propria missione d’anima, per Loredana questo è avvenuto. Il cardinal Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile ha scritto: “lascia il segno di una testimonianza missionaria generosa, della passione per la catechesi e per la Parola di Dio. Da parte nostra preghiamo perchè il Signore la ricompensi e le dia la vita senza fine in paradiso. Il Signore Dio chiami altri missionari tanto necessari per la sua Chiesa!”.
D’altro canto la passione per la Buona Notizia le apparteneva profondamente, “era il senso profondo della sua vita da innamorata di Dio – ha scritto don Paolo Iannaccone, altro sacerdote suo amico -. Un incidente in Brasile l’ha portato via da noi e dai suoi cari troppo presto. Ma le “sementi vive” che ha sparso per il mondo frutteranno ancora. Grazie”. Don Amodeo aveva condiviso con Loredana gli anni più belli in parrocchia, a Trieste, durante tutta l’età adolescenziale e giovanile: “mi era molto cara e insieme siamo cresciuti all’oratorio nella parrocchia di San Vincenzo De Paoli: eravamo un gruppo bello e numeroso, come lo erano le parrocchie degli anni ‘80-‘90. La nostra contava 16mila persone, abbiamo fatto campi scuola, viaggi e incontri dell’Azione cattolica a Roma o in giro per l’Italia”.
Da Villaregia a “Semente viva”
Erano stati gli anni della formazione e della crescita come discepola. La sorella, Nadia Vigini la ricorda invece così: “Loredana diceva sempre che la famiglia le era “troppo stretta”. Cercava la condivisione con più persone possibili, e di portare l’amicizia a tutti quelli che incontrava”. La sua partenza per il Brasile risale al 2010, quando Loredana entra nella Comunità di Villaregia come laica, poi se ne separa per fondare una propria comunità: “Semente Viva” che aveva lo scopo di insegnare la bibbia tramite la drammaturgia. Ossia, i percorsi biblici erano rappresentati come a teatro, e a farlo erano i protagonisti stessi dei laboratori creati dalla sua associazione per le persone del posto.
“Il Bibliodramma è un metodo per avvicinarsi al testo biblico in una modalità attiva e partecipativa, rendendo visibile, in modo simbolico, la scena con i suoi personaggi, permettendo l’approfondimento della loro esperienza, anche attraverso il sentire e sperimentare sentimenti ed emozioni. L’incontro con la scena avviene dall’interno, attraverso l’interpretazione dei personaggi da parte del facilitatore o di altri partecipanti”. Un modo creativo, intenso e partecipato per assimilare la Parola. Questa speciale missione si chiamava bibliodramma, erano episodi del vecchio e nuovo Testamento resi vivi e concreti tramite la messa in scena. “Loredana era partita da Trieste non per cercare una città diversa, non per lavoro né per divertimento; ma semplicemente perché l’amore sperimentato in tutti gli anni vissuti in famiglia le aveva fatto nascere il desiderio di poter far giungere a qualcun altro quello stesso amore”, ci aveva raccontato ancora don Alessandro. Negli ultimi tre anni della sua vita, durante la pandemia, la donna aveva insegnato all’istituto comprensivo Caprin di Trieste, ed era tornata in Brasile proprio nel mese di settembre di quell’anno.
Il suo destino la attendeva evidentemente nel grande Paese latinoamericano. “Lei portava gioia – racconta ancora Nadia – Le sue riunioni erano gioia: lei suonava la chitarra, insegnava canzoni… Spero solo che questa morte così prematura non fermi un progetto di vita tanto importante.”
Nell’omelia funebre monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, aveva detto: “Come Chiesa di Trieste vogliamo dirle grazie per averci insegnato che, non le nostre parole, ma la Parola deve essere al centro del nostro interloquire con Cristo e tra di noi cristiani. Grazie per averci insegnato che la Parola è una semente viva che va seminata e annunciata a tutti con dedizione generosa e con intelligenza pedagogica affinché raggiunga i cuori e li converta. Grazie per averci insegnato che la vita, anche quando è gravata da innumerevoli prove – comprese quelle dell’incomprensione e delle sofferenze fisiche – se non è spesa per il Vangelo e per gli altri è sprecata. Grazie per averci insegnato a coltivare l’amicizia cristiana, quella generata dal dono di sé e dall’affidamento alla Provvidenza divina. Grazie per averci insegnato la generosità del cuore”.
Pur avendo affrontato negli ultimi anni problemi complessi dal punto di vista sanitario, aveva deciso comunque di lasciare l’insegnamento a Trieste per ritornare in Brasile: “La implorai di restare – ricorda don Crepaldi – ma fu inutile e ripartì”. Ma è chiaro che il Signore “l’attendeva là, in quella terra bellissima e tra quel popolo amatissimo, per accompagnarla nella Sua casa, la casa della vita e dell’amore eterno”.
(*) Popoli e Missione