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Liberato mons. Álvarez insieme a mons. Mora Ortega. Sono già a Roma in esilio. In patria resta una Chiesa perseguitata ma viva

Mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico di Estelí, detenuto dal 19 agosto 2022 e condannato a 26 anni di carcere poco meno di un anno fa, il 10 febbraio 2023, dal regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo, è stato liberato e subito esiliato, attraverso un volo giunto a Roma. Con lui l’altro vescovo detenuto da qualche settimana, mons. Isidoro Mora Ortega, altri 15 sacerdoti e due seminaristi. Tutti hanno concelebrato una Messa, tornando a indossare i paramenti, come mostrano le prime immagini dei due vescovi esiliati, che sono stati accolti e presi in carico dalla Santa Sede

(Foto AFP/SIR)

La notizia ha iniziato a circolare nella serata di ieri, e ha subito trovato rapide conferme, inizialmente ufficiose, e poi ufficiali, con un comunicato della presidenza del Nicaragua. Mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico di Estelí, detenuto dal 19 agosto 2022 e condannato a 26 anni di carcere poco meno di un anno fa, il 10 febbraio 2023, dal regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo, è stato liberato e subito esiliato, attraverso un volo giunto a Roma. Con lui l’altro vescovo detenuto da qualche settimana, mons. Isidoro Mora Ortega, altri 15 sacerdoti e due seminaristi. Tutti hanno concelebrato una Messa, tornando a indossare i paramenti, come mostrano le prime immagini dei due vescovi esiliati, che sono stati accolti e presi in carico dalla Santa Sede.

Ortega ringrazia il Papa. Il comunicato del Governo di Managua, giunto poco dopo le 22 (ora italiana) conferma il ruolo centrale del Vaticano nella vicenda: “La Presidenza della Repubblica, il Governo di riconciliazione e unità nazionale e il popolo del Nicaragua sono profondamente grati al Santo Padre, papa Francesco; alla Segreteria di Stato della Santa Sede; al suo capo, il cardinale sua eminenza reverendissima Pietro Parolin, e alla sua équipe, per il coordinamento molto rispettoso e discreto realizzato per rendere possibile il viaggio in Vaticano di due vescovi, quindici sacerdoti e due seminaristi”, precisa la comunicazione dell’amministrazione Ortega.

“La dittatura criminale sandinista non è riuscita a vincere la potenza di Dio”, ha detto da Miami, dove vive anch’egli in esilio, mons. Silvio José Báez, vescovo ausiliare di Managua, il quale ha ringraziato con emozione Papa Francesco, “per il suo interesse per la sua vicinanza, per il suo affetto per il Nicaragua”, oltre che lodare “l’efficacia della diplomazia vaticana”

Una notizia importante, che pone fine a delle detenzioni del tutto arbitrarie, ingiuste e inaccettabili. In particolare, il caso del vescovo Álvarez era da mesi al centro di prese di posizione da parte di numerosi organismi internazionali, Governi, Ong. Contemporaneamente, una notizia che conferma la totale mancanza di democrazia e di rispetto per la libertà religiosa esistente oggi nel Paese centroamericano, dato che l’unica alternativa alla detenzione è, appunto l’esilio, la deportazione dal proprio Paese.

Una vicenda lunga e complessa. Va detto che si è trattato, a quanto si sa, del terzo tentativo, di carattere diplomatico, di liberare il vescovo incarcerato. In un primo caso, egli aveva rifiutato di essere deportato assieme ad altri 222 oppositori esiliati negli Usa, proprio alla vigilia della sua condanna a 26 anni di reclusione. A inizio luglio, era trapelata la notizia di un secondo tentativo di mediazione, conclusosi in un nulla di fatto. Nella seconda metà di dicembre, si era registrato un inasprimento senza precedenti della persecuzione alla Chiesa, con la detenzione di mons. Mora e di numerosi sacerdoti. Ora, si è capito che si trattava di un cinico modo per “fare munizioni”, per alzare il prezzo di una possibile trattativa, per rendere più facile la liberazione di mons. Álvarez, vincolando la sua scelta a quella di altri confratelli.

In ogni caso, tutti i moltissimi nicaraguensi in esilio hanno reagito con gioia alla notizia. C’è, invece, riservatezza, sulle modalità e sui protagonisti della trattativa, oltre al Vaticano, anche se viene ritenuta probabile una mediazione da parte del Venezuela e del suo presidente Nicolás Maduro.

L’elenco completo dei religiosi liberati è il seguente: mons. Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa; mons. Isidoro Del Carmen Mora Ortega, vescovo di Siuna; i sacerdoti Oscar José Escoto Salgado, Jader Danilo Guido Acosta, Pablo Antonio Villafranca Martínez, Carlos José Avilés Cantón (vicario generale dell’arcidiocesi di Managua) Héctor Del Carmen Treminio Vega, Marcos Francisco Diaz Prado, Fernando Isaías Calero Rodríguez, Silvio José Fonseca Martínez, Mikel Salvador Monterrey Arias, Raúl Antonio Zamora Guerra, Miguel Agustín Mantica Cuadra, Jhader Antonio Hernández Urbina, Gerardo José Rodríguez Pérez, Ismael Reineiro Serrano Gudiel, José Gustavo Sandino Ochoa; i seminaristi Tonny Daniel Palacio Sequeira e Alester De Jesús Sáenz Centeno.

Chiesa perseguitata, ma viva. “Credo si tratti di una grande notizia, soprattutto per i cattolici del Nicaragua – afferma al Sir da Madrid il giornalista nicaraguense in esilio Israel González Espinoza, voce tra le più informate sulla Chiesa del suo Paese -. Questa liberazione si deve, senza dubbio, a un’instancabile opera di mediazione, che ha visto impegnata la Santa Sede, assieme ad altri attori internazionali. Quanto accaduto, in primo luogo, conferma la missione, la dignità, l’amore per il Vangelo e per il suo popolo di mons. Rolando Álvarez. D’altro canto, non c’è dubbio che una deportazione forzata rappresenta una violazione dei diritti umani, e neppure questo aspetto può essere taciuto. Ma resta il fatto che un esilio è preferibile a una detenzione umiliante”.

Decisiva, probabilmente, nell’operazione, la presenza dell’altro vescovo, dei sacerdoti e dei seminaristi, come conferma il giornalista: “Credo che il regime fosse debilitato per la fortissima pressione internazionale rispetto al caso del vescovo Álvarez. La massiccia cattura di ecclesiastici è servita per avere maggiore margine d’azione nella trattativa. Il regime, su questa vicenda, era in un vicolo cieco, il suo discredito stava crescendo a vista d’occhio”.

Resta il fatto, però, che la Chiesa in Nicaragua è sempre più senza forze e ridotta al silenzio, privata di un terzo dei suoi vescovi (i due esiliati di oggi e mons. Baez). Ma González Espinoza vede segni di speranza: “Non c’è dubbio che quella del Nicaragua è una Chiesa ridotta al silenzio, ma essa resta l’unica istituzione che non è sotto il controllo del regime, il quale cerca in tutti i modi di cancellare la Chiesa e la sua azione, che tra la popolazione continua ad avere grande consenso e prestigio. Ho parlato, anche in queste ore, con vari cattolici in Nicaragua, i quali mi assicurano che sono disposti a proseguire nella loro testimonianza di fede”.

(*) giornalista de “La vita del popolo”

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