“Non si parla più della Siria perché oggi ci sono altre guerre che occupano spazio. Questa è la realtà, triste delle guerre. Purtroppo la politica e i media seguono questa, chiamiamola così, ‘moda’. Ma in Siria la guerra non può dirsi del tutto finita, viste le condizioni in cui versa il Paese intero”.
Mancano pochi giorni al Natale e mons. Jacques Mourad, arcivescovo siro-cattolico di Homs, non dimentica il suo Paese, la Siria, segnata dalla guerra scoppiata nel 2011, e la sofferenza del suo popolo. Mons. Mourad fu rapito il 21 maggio del 2015 dai jihadisti nel monastero di Mar Elian, a Qaryatayn, dove era parroco, e tenuto prigioniero per cinque mesi. Da questa esperienza, raccontata nel libro “Un monaco in ostaggio. La lotta per la pace di un prigioniero dei jihadisti”, il presule ha tratto ulteriore consapevolezza che “il dialogo è l’unica via per uscire dal caos attuale” che sta affliggendo la Siria, e, in particolare dal 7 ottobre scorso, anche la Palestina, Israele e la Striscia di Gaza.
Dialogo, unica via. Nei giorni scorsi in Italia per una serie di appuntamenti, mons. Mourad è stato ricevuto in udienza privata da Papa Francesco e ha incontrato anche il segretario della Cei, mons. Giuseppe Baturi. Al centro dei colloqui la situazione in Siria. “Ho ringraziato mons. Baturi per il suo coraggio mostrato nel venire in Siria subito dopo il terremoto del 6 febbraio scorso – dice al Sir l’arcivescovo siro-cattolico -. Gli ho detto che
l’unica luce, l’unica stella per i cristiani e anche per i musulmani, oggi in Siria è la Chiesa.
È un punto di riferimento dove tutti trovano consolazione e risposte ai bisogni perché le sue porte sono sempre aperte a tutti. Questa è la nostra missione e la nostra testimonianza di fede in mezzo ai fratelli musulmani” dice mons. Mourad che ribadisce: “Il dialogo, unica via per uscire da questo caos di violenza, per noi è un atto di fede, spirituale puro, non solo umano. Siamo chiamati da Dio, come si legge nel Vangelo di Matteo, ad amare tutti senza distinzioni”. Un insegnamento che riporta la mente a padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita italiano fondatore della Comunità di Mar Mousa, rapito a Raqqa e del quale non si hanno notizie dal 2013. Oggi, dopo 12 anni di guerra e un terremoto disastroso, “i siriani vivono in condizioni di grave povertà materiale e soffrono molto. Non si trovano acqua, carburante, medicine. La mancanza di denaro – spiega il presule – impedisce di acquistare il cibo necessario a vivere. I salari sono così bassi che a malapena bastano per coprire tre o quattro giorni. Conosco famiglie che mangiano poco e una volta sola al giorno. I più fortunati mangiano carne una volta al mese e quella volta è una vera festa”.
Ma la cosa più grave, aggiunge mons. Mourad, è “la corruzione che domina ogni settore della vita sociale. I siriani sono così prostrati che quasi non si sentono più degni di vivere e per questo cercano una via di fuga all’estero, sognando un futuro migliore”.
Parlare di ricostruzione, poi, è inutile, “perché non se ne vede traccia, è triste dirlo, ma è la realtà. E la decisione di cambiare questa realtà – dichiara l’arcivescovo – è nelle mani della cosiddetta comunità internazionale”.
Natale, gioia da donare. Allora che Natale sarà il prossimo tra i siriani? La risposta di mons. Mourad non si fa attendere: “La venuta di Gesù ci ricorda che Dio si è incarnato per la salvezza dell’umanità. Facendo del bene possiamo dare aiuto”. È con questo spirito che la comunità cristiana di Homs si accinge a trascorrere il Natale. “Nelle nostre condizioni accendere luci o mettere decorazioni non ci aiuta a vivere il Natale. Dobbiamo donare gioia a chi soffre, aiutare chi deve portare un peso troppo grande a causa delle situazioni in cui si trova a vivere. La Chiesa – ammette – non può fare tutto ma non può rinunciare a questa sua missione.
Il Natale è la pratica della gioia, è gioia da donare, e in questo momento è essenziale.
La stella che annuncia la nascita di Gesù tra di noi non può essere oscurata dal male”. In Siria come a Gaza, in Israele, in Palestina e in tante altre zone del mondo.
Preghiera di Natale. “A Natale eleveremo ancora più forte la nostra preghiera per la pace in Terra Santa – dichiara mons. Mourad – quasi a rompere il silenzio del mondo davanti a tanta violenza e a tanto odio. Gesù nasce in tutti i bambini che soffrono. Nell’incarnazione è significativa la solidarietà di Dio con i più deboli del nostro mondo e i più deboli di oggi sono i bambini. Essi sono innocenti.
La pace – conclude il presule – non è un atto magico, ma è solidarietà umana, internazionale. Il mondo alzi la voce contro il commercio di armi. Per la pace abbiamo tutti una responsabilità diretta.
Alziamo la nostra preghiera e uniamo il nostro grido a quello di Papa Francesco che, instancabile, è l’unico che continua a credere nella pace e nella giustizia”.