Almeno 5mila razzi sono stati lanciati, all’alba di oggi, dalla Striscia di Gaza verso il sud e il centro di Israele (Tel Aviv e Gerusalemme comprese). Contestualmente numerosi miliziani armati di Hamas sarebbero penetrati, a sorpresa, in 14 luoghi di Israele situati lungo il confine con Gaza arrivando anche dal mare e in parapendio. Mohammad Deif, uno dei comandanti delle Brigate ʿIzz al-Dīn al-Qassām, il braccio armato di Hamas a Gaza, ha definito l’operazione “Alluvione al-Aqsa” motivandola con il rifiuto di Israele di liberare “i nostri prigionieri” e con “la profanazione dei luoghi santi a Gerusalemme”. Al momento le vittime israeliane sarebbero 22, 545 i feriti, alcuni dei quali gravi, secondo quanto riportato dai media israeliani. Tra i morti anche il presidente del Consiglio regionale di Shaar Hanegev, in cui si trova Sderot, uno dei due settori delle comunità israeliane vicino alla Striscia. Non sono al momento confermate le notizie che miliziani armati palestinesi avrebbero preso il controllo di tre kibbutz. Hamas, poco fa, ha pubblicato delle foto che mostrerebbero la cattura di soldati israeliani e di alcuni civili, tenuti in ostaggio. Negli ospedali di Gaza, secondo fonti locali, da questa mattina, sono 161 i morti e quasi mille (931) i feriti.
Pronta la reazione israeliana. “C’è stato un attacco combinato con l’aiuto di parapendii”, ha confermato alla stampa il portavoce dell’esercito israeliano, il tenente colonnello Richard Hecht, che ha aggiunto che le Forze armate israeliane stanno combattendo in diversi punti della Striscia di Gaza. Nessuna conferma da parte del portavoce delle notizie della cattura di soldati israeliani da parte di combattenti palestinesi. Confermata, invece, la chiamata dei riservisti destinati a operare a Gaza, ai confini con il Libano e la Siria, e nella Cisgiordania occupata. Il premier Netanyahu ha parlato di “guerra” e ha annunciato la controffensiva denominata “Spade di ferro”, con decine di aerei che stanno attaccando Hamas a Gaza.
Testimonianza. Da Betlemme, dove è in attesa di entrare nella Striscia, “spero di farlo domani”, a parlare è il parroco latino della parrocchia della Sacra Famiglia, l’unica cattolica di Gaza, padre Gabriel Romanelli: “il valico di Erez è chiuso. Le notizie che arrivano da Gaza sono molto brutte – dice al Sir – fortunatamente i nostri parrocchiani stanno bene anche se la paura si sta diffondendo. Alcuni di loro hanno chiesto rifugio alla parrocchia dove già da qualche mese abbiamo approntato una sorta di rifugio, con cibo, acqua, materassi, dove poter avere riparo durante le emergenze dovute alle continue campagne militari. Preghiamo perché i combattimenti cessino ma temo che le cose possano volgere al peggio”. Padre Romanelli riferisce che anche “a Betlemme la tensione è alta. Alcuni religiosi che da Betlemme si sono recati a Gerusalemme hanno trovato i check point chiusi”.
La voce della Caritas Jerusalem. A confermare la morte di “numerosi soldati e civili israeliani” e il rapimento di “molti altri a Gaza” è la Caritas Jerusalem che in una nota pervenuta al Sir ricostruisce le prime ore dell’attacco di Hamas e la reazione israeliana. “Attualmente – dicono da Caritas Jerusalemme – tutti i posti di blocco della Cisgiordania sono chiusi e anche tutti gli accessi che conducono alla città vecchia di Gerusalemme sono chiusi. L’ingresso è consentito solo ai civili di età superiore ai 30 anni”. In via precauzionale la Caritas Gerusalemme ha sospeso “le sue operazioni a Gaza per garantire la sicurezza del suo personale e ha temporaneamente chiuso il centro sanitario”. Tuttavia, fa sapere la Caritas, “il piano di emergenza, che doterà le nostre équipe mediche di kit di pronto soccorso e medicinali essenziali, è pronto per fornire assistenza man mano che la situazione si chiarirà”. Quanto sta accadendo in queste ore, per la Caritas Jerusalem, “segna uno dei periodi più significativi degli ultimi decenni e, sfortunatamente, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente”.
Voce dal kibbutz sotto attacco. Dal vicino kibbutz di Nirim, sito nel distretto di Eshkol (Negev occidentale), a poco più di due chilometri dal confine di Gaza, arriva la testimonianza di una sua abitante, Adele Raemer. Il kibbutz è da sempre un target dei razzi di Hamas e sembra essere attualmente uno di quelli sotto attacco: “Ho sentito un massiccio fuoco di mitragliatrice. Non ho idea se l’esercito sia già qui. Siamo tutti in lockdown nelle nostre ‘safe room’ (stanze blindate) e non possiamo uscire – dice Raemer – i terroristi stanno cercando di penetrare all’interno del kibbutz, casa per casa”. Il kibbutz venne fondato nel 1946, nella notte di Yom Kippur insieme ad altre 10 comunità ebraiche nel Negev, dai membri del movimento giovanile Hashomer Hatzair. Nel giorno della Dichiarazione di Indipendenza – 14 maggio 1948 – l’esercito egiziano invase il neonato stato di Israele e Nirim fu il primo insediamento israeliano ad essere bombardato dall’artiglieria egiziana che però fu respinta.