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Chiaretto Yan: “Sogno una stretta di mano tra Papa Francesco e il presidente Xi Jinping per una svolta di pace nel mondo”

"Ancora una volta, Papa Francesco ha mostrato il suo grande amore per la Cina e per il suo popolo!". Kin Sheung Chiaretto Yan, professore al Seminario nazionale di Pechino e alla Università cattolica di Macao, ripercorre in questa intervista le parole pronunciate dal Santo Padre in Mongolia e sul volo papale in merito alla Cina e ai cattolici cinesi. "Il dialogo tra la Cina e il Vaticano - dice - è un processo non privo di qualche incidente. Ciò nonostante, la via di riconciliazione è ormai avviata". E sulla missione di pace del card. Zuppi che lo poterà presto a Pechino, afferma: "È un uomo di universalità e grande dialogo"

(foto Yan)

“Ancora una volta, Papa Francesco ha mostrato il suo grande amore per la Cina e per il suo popolo!”. “Costruire la fiducia reciproca è la strada giusta”. È Kin Sheung Chiaretto Yan a commentare le parole pronunciate da Papa Francesco in Mongolia e sul volo papale in merito alla Cina e ai cattolici cinesi. Yan vive a Shanghai ma insegna al Seminario nazionale di Pechino, a quello diocesano di Pechino, e anche alla Università cattolica di Macao, la University of St. Joseph. È autore di un libro dal titolo “My chinese dream: gettare un Ponte tra l’Est e l’Ovest – Speranze, Sfide e Opportunità” che sarà presentato a Roma lunedì 18 settembre all’Istituto Sturzo. Al Sir, confida: “Sogno che un semplice gesto di stretta di mano tra Papa Francesco e il presidente Xi Jinping diventi un punto di svolta e un contributo alla pace nel mondo”.

(Foto Chiaretto Yan)

Professore, che impressione ha avuto come cattolico cinese quando papa Francesco ha preso per mano il cardinale Hon e il cardinale preconizzato Chow di Hong Kong e ha detto: “vorrei approfittare della loro presenza per inviare un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, e di andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini”? Perché il Papa insiste sempre con questo binomio?

Ancora una volta, Papa Francesco ha mostrato il suo grande amore per la Cina e per il suo popolo!

L’evangelizzazione in Cina ha avuto inizio quando i missionari sono andati in Cina sotto la protezione militare delle potenze occidentali. Allora circolava la frase “un cristiano in più, un cinese di meno”. È stato il Papa San Giovanni Paolo II il primo a fare appello al popolo cinese: essere bravi cristiani e essere bravi cittadini, ora ripreso, più volte, da Papa Francesco. I cattolici cinesi sono chiamati a dare questa testimonianza davanti alla gente comune: sono cristiani e nello stesso tempo bravi cittadini, come tutti gli altri, che lavorano per il bene comune di tutto il Paese e in sintonia con la propria cultura.

Sul volo papale di rientro dalla Mongolia, Papa Francesco ha detto di avere personalmente una grande ammirazione per il popolo cinese. Ha parlato di canali “molto aperti”, per la nomina dei vescovi e di una commissione che da tempo lavora con il governo cinese e con il Vaticano. Non sempre però le cose vanno così bene. Come si costruiscono solidi ponti di dialogo?

Dato il “bagaglio storico”, il dialogo tra la Cina e il Vaticano è un processo non privo di qualche incidente. Ciò nonostante, la via di riconciliazione è ormai avviata. C’è da raffinare meglio l’accordo tra ambedue le parti, non solo per la nomina dei vescovi, ma anche per facilitare il cammino. Già all’inizio del viaggio sorvolando sopra la Cina, il Papa ha inviato un messaggio di saluto e di augurio e una benedizione al popolo cinese. Il portavoce del ministero degli Affari Esteri in un briefing quotidiano ha risposto che la Cina vuole “rafforzare la fiducia reciproca” con il Vaticano. “La Cina – ha proseguito – è pronta a continuare a lavorare con il Vaticano per impegnarsi in un dialogo costruttivo, migliorare la comprensione, rafforzare la fiducia reciproca”. Costruire la fiducia reciproca è la strada giusta. Prima di tutto, occorre lavorare per la riconciliazione all’interno della Chiesa cinese, e per il dialogo con l’autorità civile.

Il Papa, sempre sul volo papale, ha invitato ad andare avanti per “capirci di più”. Ha chiesto ai cittadini cinesi di non pensare che “la Chiesa non accetta la loro cultura e i loro valori e che la Chiesa dipenda di un’altra potenza straniera”. Come fare? Cosa può favorire questo incontro e questa conoscenza reciproca?
Per chi vuole dialogare o lavorare con la Cina, è importante conoscere la sua storia recente, soprattutto il cosiddetto “secolo di umiliazione” nelle mani delle potenze occidentali e del Giappone. Anche sotto il governo della Repubblica Popolare Cinese, ci sono stati momenti di caos assoluto: “il grande balzo in avanti”, la rivoluzione culturale, la tragedia di Tiananmen… Perciò la gente comune ha paura del ripetersi di queste tragedie. Vedono che la Repubblica Popolare Cinese è un sistema che garantisce la stabilità e lo sviluppo del benessere della gente comune. Il governo ha risollevato più di 800 milioni di persone, portandoli fuori dalla povertà. Prima della Pandemia (2019), più di 180 milioni di cinesi sono usciti dal Paese per turismo. Invece di ripetere concetti sui diritti o le libertà, piuttosto individuali, bisogna mettere in luce i valori consoni alla cultura cinese, soprattutto lo spirito di sacrificio per il bene comune, la cura per la comunità, la propensione per l’unità e la stabilità del Paese. La Cina non è quella dipinta dalla stampa “internazionale”. Il sistema del governo deve essere determinato dalla storia del Paese, dalla sua cultura e dal grado di sviluppo economico. Questa è la dinamica attuale in Cina: il governo non cambia, ma le politiche (policies) di sviluppo cambiano in continuazione e mirano ad andare incontro all’esigenze che si presentano.

Come cinese, cosa pensa della missione di pace del card. Zuppi? Quali le potenzialità di questo viaggio?
Come ha detto il Papa, la missione del cardinale Zuppi è una missione di pace. Il piano è visitare Mosca, Kiev, gli Stati Uniti e ora anche Pechino. Zuppi è un uomo di universalità e grande dialogo. Ha nella sua storia il lavoro fatto in Mozambico per la pace. Come inviato di Papa Francesco, sicuramente intraprende la strada di dialogo cercando comprensione e valori comuni per collaborare con tutte le parti coinvolte, e anche con la Cina, per porre fine alla guerra.

Ha scritto un libro dal titolo evocativo, “Il mio sogno cinese”. Ci può dire qual è il suo sogno?
Sogno un mondo con meno guerre e conflitti, meno fame e indifferenza, meno povertà e avidità. Sogno un mondo più fraterno, con nuovi rapporti di comprensione, fiducia e rispetto tra le persone e tra le nazioni. Sogno dialoghi rispettosi tra persone di culture, fedi e convinzioni diverse, riconoscendo che la diversità in armonia può essere un dono gli uni per gli altri. Sogno un mondo, una casa comune per tutti, per le generazioni avvenire, con aria fresca da respirare, e che i giovani possano viaggiare liberamente per gli scambi e l’apprezzamento reciproco della storia, della cultura, delle arti e della poesia. Sogno che un semplice gesto di stretta di mano tra Papa Francesco e il presidente Xi Jinping diventi un punto di svolta e un contributo alla pace nel mondo.

 

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