(Da New York) Il silenzio è la condizione di molte delle donne che hanno vissuto un’esperienza traumatica di maternità surrogata. La sofferenza è uno status che si nasconde a parenti e amici ed è molto difficile che qualcuna di queste mamme per procura osi contrastare la narrativa dell’altruismo e del dono che le lega al contratto di portare avanti una gravidanza per conto terzi. Tanya e Allen hanno sollevato la coltre su questo dolore silente, ma nascondono ancora la loro identità dietro nomi fittizi per proteggere i loro figli, la loro famiglia e quei bambini biologici, che ora sono figli di altri.
Tanya, madre in un coppia gay Tanya, una contabile del Minnesota, pensava di essere la candidata perfetta per la maternità surrogata. Dopo aver dato alla luce due figli sani, voleva dare agli altri la stessa gioia che aveva provato lei e ha deciso di offrire il suo utero e i suoi ovuli ad una coppia dello stesso sesso, desiderosa di un figlio. A chi le fa notare i soldi ricevuti per contratto e non per altruismo, risponde che “sono stati appena sufficienti per coprire l’assicurazione sanitaria, l’assicurazione sulla vita, il lavoro perso”. Il contratto stilato con i nuovi genitori, comunque, includeva la possibilità di essere coinvolta nella vita della bambina, “perché non c’era un’altra mamma”. Quando la bimba è nata, “quando era proprio lì tra le mie braccia, tutti quei pezzi di carta che abbiamo firmato sono semplicemente caduti”, ricorda la donna che ha dovuto ricorrere alle vie legali per poter avere una relazione con la figlia, fino a quando non è riuscita ad ottenere un ordine di affidamento congiunto. Nonostante oggi la bambina abbia 10 anni, Tanya è ancora perseguitata dalla decisione e dal pensiero di “aver venduto sua figlia”.
Allen e i gemelli diversi La storia di Allen, californiana ha altri risvolti. Aveva scelto la maternità surrogata con la speranza che i 30.000 dollari ricevuti per questa gravidanza sarebbe tornati utili a lei e al marito per comprare una casa e consentirle di occuparsi degli altri suoi due bambini, senza dover tornare al lavoro. I genitori aspiranti erano di origine cinese ed Allen ha ospitato due embrioni per essere sicura che uno dei due si impiantasse. La pratica non è inusuale per chi sceglie la surrogazione e non sono poche le donne che alla fine della gestazione partoriscono due gemelli. Dal momento dell’impianto dell’embrione e dopo aver segnato il contratto, la salute di Allen risponde solo alla coppia e al medico che la segue. Vita sana, nessun rapporto sessuale con il marito fino a quando il medico non le dà il permesso. Allen resta incinta di due gemelli e il compenso aumenta di 5.000 dollari per il secondo figlio. Il parto avviene alla 38ma settimana con un cesareo. Ad Allen per contratto è concesso di vedere i bambini per un’ora prima di consegnarli alla nuova mamma. Mentre le due donne si beano dei neonati, Allen si accorge che i due bambini non erano identici, ma che uno era con tratti asiatici e l’altro era più scuro. Allen si è trovata al centro di un incidente medico, la superfetazione: aveva concepito su un altro concepimento; era rimasta incinta del marito, dopo la fecondazione in vitro con l’embrione asiatico. La famiglia pagante non accetta il secondo bambino e chiede 18.000 dollari di danni.Poiché Allen e il marito non sono in grado di restituire il denaro, il neonato afroamericano viene messo in adozione, senza che i genitori biologi possano intervenire in alcun modo, se non sborsando i soldi dovuti per un bambino che era diventato una merce. Dopo due mesi di battaglie legali Allen ha potuto tenere il bambino, che oggi si prepara a compiere 7 anni.