Sono arrivati a Roma indossando i loro berretti tradizionali, cuciti con i colori dell’Uganda e dell’Italia. Dodici ragazzi della regione della Karamoja hanno, prima, incontrato il Papa, al termine dell’udienza generale; poi, si sono recati nella sede della Cei per esprimere il loro grazie per il finanziamento ricevuto, con fondi 8xmille, per sviluppare un progetto di agricoltura e allevamento, che permetterà alle persone che vivono in quei territori una condizione di vita migliore. Sarà un sostegno prezioso anche per chi ha bisogno, come Angela, di poter continuare gli studi, e per chi, come Caroline, svolge un lavoro a tempo. Con loro, gli operatori di “Africa Mission Cooperazione e Sviluppo”, che accompagnano questi ragazzi in Uganda in un cammino verso la sostenibilità e lo sviluppo. C’è Carlo Ruspantini, direttore dell’organizzazione, e ci sono anche don Justin, responsabile della Pastorale giovanile della diocesi di Moroto, e don Sandro De Angeli, sacerdote fidei donum, suo coadiutore.
In cosa consiste il progetto. L’intervento mira ad aumentare la disponibilità di acqua e le capacità di coltivazione del popolo Karimojong. Attraverso un supporto nell’agricoltura e nell’allevamento, l’obiettivo è quello di costruire la resilienza climatica per la sicurezza alimentare nelle comunità delle regioni della Karamoja e Lango. Il costo del progetto è superiore di poco al milione di euro. Il finanziamento richiesto, invece, di 940mila euro su tre anni. Il numero totale i beneficiari diretti è di circa 1.587 persone mentre i beneficiari indiretti saranno circa 11mila persone. Saranno oltre 56mila, invece, quelle che beneficeranno della perforazione e/o riabilitazione di pozzi e bacini d’acqua. Il progetto, elaborato da C&D, cerca anche di rispondere alle problematiche legate alla sicurezza alimentare, derivanti dai cambiamenti climatici. L’azione è concepita in tre fasi (formazione, realizzazione delle semine e sostenibilità) in modo tale da avere un impatto duraturo sui livelli di capacità e sull’innovazione dei giovani, delle donne e dei gruppi di agricoltori/allevatori, come pure sul coinvolgimento dei leader locali nel venire incontro alle esigenze di tali categorie. In particolare, nella terza fase, si punterà a mantenere i livelli di produzione e di raccolto in modo che le famiglie possano rivendere il surplus o che non gliene manchi. Attualmente un quarto del prodotto, tra raccolto e conservazione, va perduto. “Il progetto darà un grande contributo alla nostra gente – dice il giovane Kelvin – e permetterà di migliorare le condizioni di vita dei giovani. È stato molto apprezzato anche perché è un aiuto prezioso per quelli che non vanno a scuola e per i villaggi”. “È un progetto importante per far fronte a desertificazione e cambiamento climatico, che può essere una goccia d’acqua in un deserto. Ma, come diceva madre Teresa, ‘il mare è fatto di tante gocce’ e questa può essere molto importante – afferma don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio interventi caritativi della Cei -. I giovani verranno formati con una visione diversa, più ricca e prospettica rispetto a quella cui erano abituati finora. Speriamo possa avere un bell’impatto sul loro Paese”.
Cos’è Africa Mission Cooperazione e Sviluppo. Da quasi quarant’anni Cooperation and Development, (C&D), è presente in Uganda, nella Regione del Karamoja con vari progetti per lo sviluppo integrale della popolazione che vanno dall’assistenza medica alla formazione professionale dei giovani, dalla sicurezza alimentare alla realizzazione di pozzi. Fu fondata nel ’72 da don Vittorio Pastori, meglio conosciuto come don Vittorione, per la sua grande corporatura. Lo scorso 2017, C&D consegnò alla popolazione il millesimo pozzo grazie al contributo ricevuto dalla Cei attraverso codesto comitato e in collaborazione con le due diocesi di Moroto e Kotido, che coprono la regione del Karamoja. Questa regione è semi‐deserta a causa della scarsità delle piogge e che si riducano a un brevissimo periodo di circa 4 mesi insufficiente per la coltivazione del cibo necessario alla sopravvivenza. La popolazione Karimojng vive perciò principalmente di pastorizia e di quel poco che riesce a coltivare. Anche gli animali hanno bisogno di acqua. È, quindi, importante unire la formazione agricola e di allevamento dei giovani al mantenimento efficiente dei pozzi che assicurano l’acqua necessaria alla gente e al bestiame.