Una pubblicazione “storica”, un’opera unica nel suo genere, che contribuisce con coraggio e senza alcun filtro a fare verità di uno dei momenti più drammatici del ventesimo secolo: la dittatura militare argentina, con il suo lascito di violenza, morte, desaparecidos. Un frutto tangibile della volontà di trasparenza del Vaticano e della Chiesa argentina, con la messa a disposizione dei propri archivi. E, proprio per questo, un’opera senza precedenti, dato che mai il Vaticano aveva messo a disposizione dei ricercatori i propri archivi in tempi così ravvicinati rispetto ai fatti.
“La verità vi farà liberi”, progetto editoriale in tre volumi (i primi due da poco usciti, il terzo in via di pubblicazione) è davvero un lavoro monumentale e imprescindibile, oltre che un possibile e auspicabile punto di riferimento per analoghi studi riguardanti altri Paesi latinoamericani, a partire dal Cile e dall’Uruguay. Rappresenta una visione inedita sulla vita della Chiesa cattolica nei processi di violenza in Argentina, in particolare durante il periodo del terrorismo di Stato tra il 1966 e il 1983. Si attesta, senza alcuna benevolenza, l’atteggiamento “timoroso” della Conferenza episcopale verso la Giunta militare, ma anche le non poche voci critiche verso il regime emerse da alcuni vescovi. Una particolare attenzione è, poi, riservata all’atteggiamento attento del Vaticano, e alla figura dell’allora nunzio apostolico, Pio Laghi, la cui figura esce per vari aspetti “riabilitata” rispetto a quanto è stato più volte sostenuto. L’opera è il risultato di un lavoro collettivo e interdisciplinare svolto nell’arco di cinque anni dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Cattolica Argentina, su richiesta della Conferenza episcopale argentina. Carlos Galli, mons. Juan Guillermo Durán, padre Luis Liberti e Federico Tavelli sono i coordinatori della pubblicazione e hanno riunito un gruppo di ricercatori per affrontare questa sfida.
Il lavoro si basa sullo studio di preziose fonti documentarie e testimoniali, molte delle quali inedite, tra cui gli archivi della Conferenza episcopale argentina, gli archivi della Segreteria di Stato, del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa e di altri dicasteri vaticani, nonché della Nunziatura apostolica in Argentina, gli archivi della Chiesa argentina, delle organizzazioni per i diritti umani e altri archivi nazionali e stranieri, nonché le testimonianze raccolte per la prima volta per questa ricerca. Secondo la Commissione esecutiva della Conferenza episcopale argentina, questo lavoro sarà “un contributo alla storiografia argentina per comprendere meglio un periodo così doloroso della nostra storia recente”. La Cea, “consapevole della sua missione di servizio alla società”, ha voluto innanzitutto “organizzare e classificare i propri archivi per renderli accessibili a coloro che, nel rispetto della normativa vigente, vogliano scrutare le fonti con onestà intellettuale per storicizzare scientificamente un periodo difficile della vita argentina”.
Il teologo Federico Tavelli, tra i coordinatori della pubblicazione, intervistato dal Sir, aiuta a mettere in evidenza i principali esiti dello studio. “Una nuova generazione di vescovi – riflette il docente – al culmine di una riflessione critica sulla storia recente, avviata circa un decennio fa, ha favorito la pubblicazione di questi volumi. Vale la pena di ricordare che, ancora nel 2005, fu l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio ad avviare l’opera di organizzazione dell’archivio, avendo in mente le vittime della dittatura. Una volta eletto Papa, ha dato forte impulso a questa ricerca, che non esito a definire storica”. Tavelli spiega anzitutto l’articolazione dell’opera: “Ci siamo occupati del rapporto tra Chiesa, violenza e dittatura in modo ampio, intendendo come Chiesa Vaticano, vescovi, sacerdoti, congregazioni religiose, laici, a partire dal 1966 e particolarmente nel periodo del Governo dei generali, iniziato nel 1976 e conclusosi nel 1983. Il primo volume si focalizza sulla Chiesa nel suo complesso, il secondo sui rapporti tra il Vaticano e la Conferenza episcopale con il regime. Il terzo, in via di pubblicazione, contiene interventi e saggi interpretativi di vari esperti”.
Scoperte “inquietanti” e voci critiche. Il teologo definisce quando emerso sulla posizione della Conferenza episcopale per vari aspetti “inquietante e sorprendente”. Documenti inequivocabili mostrano che “la Giunta militare fu accolta inizialmente con benevolenza, si pensava che potesse riportare la pace sociale nel Paese. L’episcopato diede ai generali la legittimazione che cercavano. In seguito, nonostante le migliaia di denunce che giungevano sul suo tavolo, l’episcopato con ebbe mai un atteggiamento combattivo verso la Giunta, che era considerata un male minore, rispetto al ‘rischio comunista’. Non mancarono azioni in ambito privato, interventi volti alla liberazione di qualche detenuto, c’erano incontri periodici e ‘istituzionalizzati’ con la Giunta, e i pronunciamenti pubblici si limitarono a semplici enunciazioni di principi”.
Ciò non toglie che esistessero, anche nella gerarchia, posizioni diversificate, e in alcuni casi coraggiose ed espresse pubblicamente. “Si possono fare gli esempi del vescovo di La Rioja, ora beato, che fu assassinato tramite un incidente d’auto appositamente provocato, come poi è stato accertato. Critici con la Giunta furono anche il vescovo di Neuquén, Jaime Francisco de Nevares, di Viedma, Miguel Esteban Hesayne, di Quilmes, Jorge Novak, di Goya, Alberto Pascual Devoto, di Formosa, Raúl Marcelo Pacífico Scozzina, di San Nicolas, Carlos Horacio Ponce de León. Quest’ultimo morì nel 1977, per un incidente d’auto subito apparso sospetto”. In effetti, lo scorso 1° marzo, dopo ben 45 anni, la magistratura di Rosario ha annullato la sentenza che archiviava il caso come incidente stradale. “Altri vescovi erano critici, ma pensavano che i pronunciamenti dovessero essere collegiali. In effetti, in un caso, nel 1977, ci un documento sulla situazione del Paese che conteneva alcuni di questi rilievi. Ma in generale, bisogna dire che si trattava di una desina di vescovi, una netta minoranza”.
Gli studi sugli archivi confermano anche l’impegno dell’allora provinciale dei gesuiti, padre Bergoglio e futuro Papa Francesco, “per la liberazione di numerosi confratelli e detenuti, si mise in contatto anche con il nunzio Laghi”.
Sui desaparecidos il Vaticano intervenne. Un discorso a parte merita la posizione del Vaticano, così come emerge dagli stessi Archivi vaticani. E, in essa, la figura del nunzio apostolico. Spiega il prof. Tavelli: “C’è traccia di molti dialoghi confidenziali tra mons. Laghi e il presidente Jorge Videla. Il nunzio, a partire da informazioni vaticane, interpellò il generale sui desaparecidos, che rispose ammettendo in parte l’esistenza del fenomeno. Il Vaticano, va detto, intervenne con maggiore determinazione rispetto alla Conferenza episcopale, soprattutto per esigenze umanitarie. Ci fu un incontro con le ‘Madri della plaza dei Mayo’, cosa che invece la Conferenza episcopale non fece. Lo stesso Papa Giovanni Paolo II, quando venne in Argentina nel 1982, poco dopo la guerra delle Malvinas, portò alla Giunta militare una lista di desaparecidos. E su tale questione esisteva un’interlocuzione continua tra Laghi, la Segreteria di Stato e lo stesso Papa”.