Giappone. Invecchiamento e cultura di morte, la risposta della Chiesa

L’invecchiamento insieme alla denatalità ed al calo della popolazione sono fenomeni globali che toccano in modo particolare la società giapponese prima società “super anziana” al mondo passata dal 17,4% di ultra sessantacinquenni nel 2000 al 28,9% nel 2022 con un trend previsto che porterà il paese entro il 2065 a percentuali tra il 38% e il 40%. L’11 maggio uscirà nelle sale cinematografiche italiane il film “Plan75” della regista giapponese Chie Hayakawa, che racconta di un Giappone del futuro in cui il Governo ha predisposto un programma, il Plan75 appunto, per offrire la possibilità agli anziani settantacinquenni ed oltre di accedere all’eutanasia di Stato incoraggiandoli con tutto il necessario supporto logistico e finanziario

Foto Calvarese/SIR

(Tokyo) L’11 maggio uscirà nelle sale cinematografiche italiane il film “Plan75” della regista giapponese Chie Hayakawa, premiato la scorsa primavera a Cannes con la menzione speciale Caméra d’Or per il miglior regista esordiente e presentato fuori concorso in anteprima italiana al 40° TorinoFilm Festival. Il film racconta di un Giappone del futuro in cui il Governo ha predisposto un programma, il Plan75 appunto, per offrire la possibilità agli anziani settantacinquenni ed oltre di accedere all’eutanasia di Stato incoraggiandoli con tutto il necessario supporto logistico e finanziario. “‘Plan75’ nella realtà non esiste ma tutto ciò che viene rappresentato nel film, purtroppo, sì. A cominciare dalla pressione che la società esercita sugli anziani, fino a farli sentire inutili”, ha spiegato la regista aggiungendo: “Ho cercato di criticare qualunque tipo di società che non mette al primo posto la dignità umana ma l’economia e la produttività”.
L’invecchiamento insieme alla denatalità ed al calo della popolazione sono fenomeni globali che toccano in modo particolare la società giapponese prima società “super anziana” al mondo passata dal 17,4% di ultra sessantacinquenni nel 2000 al 28,9% nel 2022 con un trend previsto che porterà il paese entro il 2065 a percentuali tra il 38% e il 40%. Lo confermano i dati provvisori sulle tendenze demografiche 2022, resi noti a fine febbraio dal ministero della Salute, del lavoro e del welfare, che evidenziano un’accelerazione del declino della popolazione determinato dai due record negativi delle nascite, scese per la prima volta sotto quota 800.000, e dei decessi con conseguente elevato deficit di “sostituzione naturale” tra nascite e morti.

In questo contesto che impatta sulla stabilità sociale politica ed economica, e che determina nelle persone un senso di incertezza sul futuro, rischia di farsi strada subdolamente quella che Giovanni Paolo II definiva “una cultura di morte”. Anche questo tema trapela nella trama del film Plan75 che ha preso spunto da un fatto di cronaca, richiamato nella scena iniziale, avvenuto nel 2016 quando 19 residenti di una casa di disabili e di anziani furono uccisi nel sonno da un giovane che sostenne che le persone come le vittime, con “notevoli difficoltà a vivere in casa e ad essere attive nella società”, dovevano essere sottoposte ad eutanasia. Secondo Chie Hayakawa “questo modo di vedere le cose può propagarsi facilmente tra le persone. Ed è spaventoso!”.

Da una piccola indagine che, preparando la sceneggiatura, volle fare tra i suoi familiari e amici anziani per sapere se sarebbero stati d’accordo con una ipotetica proposta governativa che avesse sostenuto l’eutanasia per i cittadini di età superiore ai 75 anni la regista rilevò che la maggioranza era favorevole con la motivazione di “non voler essere un peso per gli altri o per i propri figli”. Un riflesso della cultura nipponica secondo cui “se il governo ti dice di fare qualcosa per il bene comune devi farlo”, spiegava Chie Hayakawa ed effettivamente un tale assunto trova le sue radici in obblighi sociali non scritti radicati nel popolo giapponese come il dovere di “seguire le regole” e il “non creare problemi” alla comunità.

Questa cultura sbilanciata verso il gruppo a scapito della persona è anche una delle cause dell’alto numero di suicidi del Sol Levante che nel 2022 è stato di 21.584 persone, segnando un aumento dopo due anni di stasi e colpendo in modo particolare disoccupati e pensionati.

In questo contesto appare ancora più disumana la proposta agghiacciante e provocatoria del “suicidio di massa degli anziani” che Yasuke Narita, professore associato dell’Università di Yale, a metà febbraio aveva avanzato in un’intervista rilasciata al New York Times e rilanciata da tutti i media internazionali, spacciandola come soluzione ai problemi dell’invecchiamento e del ricambio generazionale nei vari ambiti di una società secondo il docente di Yale troppo gerontocratica. “Una metafora per provocare la discussione” sulla necessità di un’uscita spontanea degli anziani dalle posizioni dirigenziali, si era difeso il professore “pentito”, che tuttavia già in passato aveva avanzato tali tesi, aggiungendo che, in un futuro non troppo lontano, anche in Giappone “assisteremo a discussioni sull’abolizione del divieto di eutanasia o a qualcosa come l’eutanasia obbligatoria”. In una trasmissione televisiva alla domanda di uno studente sul suicidio di massa degli anziani, il signor Narita rispondeva in questi termini: “Se sia una cosa buona o cattiva è una questione molto più difficile a cui rispondere. Ma se pensi che sia una cosa buona perché non lavoriamo per una società di questo tipo?”.

Di fronte alle “innumerevoli e gravi minacce alla vita presenti nel mondo contemporaneo” la Evangelium Vitae indica ai credenti cosa fare: “È questo il momento nel quale il Popolo di Dio, e in esso ciascun credente, è chiamato a professare, con umiltà e coraggio, la propria fede in Gesù Cristo ‘il Verbo della vita’ (1 Gv 1,1)”.

I Vescovi nipponici nella relazione sulla Chiesa in Giappone predisposta in preparazione alla Conferenza generale per il 50° anniversario della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc) svoltosi lo scorso anno, descrivendo le difficoltà della piccola comunità cattolica scrivevano “la pastorale missionaria si sta indebolendo a causa dell’invecchiamento dei sacerdoti e dei laici, e i giovani lasciano la Chiesa”. Ma proprio per questo coglievano l’urgenza dell’annuncio evangelico: “La Chiesa cattolica in Giappone non ha ancora annunciato con il dovuto impegno il Vangelo di Cristo né al proprio interno né alla società”. Ed aggiungevano: “Gli sforzi dei credenti per annunciare il Vangelo sono una sfida per il futuro, ma la prima sfida è quella di evangelizzare i credenti stessi, per creare una comunione forte, animata dalla Parola di Dio. A tal fine, devono anche essere formati per affrontare la realtà delle nuove sfide”.

Nella notte di Pasqua irrompono queste parole dell’Exultet: “Questa è la notte in cui Cristo ha distrutto la morte e dagli inferi risorge vittorioso”. Questa è la Buona Notizia che anche il popolo giapponese attende e ha bisogno di vedere testimoniata.

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