È passata una settimana da quando Papa Francesco ha accolto, sabato 19 novembre, in Aula Paolo VI, oltre 4mila persone riunite per l’Annual meeting di Medici con l’Africa Cuamm. Le sue parole – l’invito ad essere sempre “con” l’Africa, a dar voce al Continente e ai suoi problemi, a puntare sui giovani – sono uno stimolo prezioso per l’ong, fondata a Padova, nel 1950, da Francesco Canova. Della riconoscenza per l’incoraggiamento ricevuto dal Papa e per fare il punto sulle attività in corso in Africa parliamo con il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro.
Durante l’udienza il Pontefice vi ha chiesto di continuare a essere “con” l’Africa…
Siamo molto riconoscenti a Papa Francesco per le sue parole. Innanzitutto, ci ha ricordato che l’Africa non è da sfruttare, ma da promuovere. Purtroppo, si guarda ai Paesi poveri del Continente più nella logica dello sfruttamento che dell’aiuto a farli crescere e a dar loro dignità. Per questo il Papa ci ha ringraziato di essere medici “con” l’Africa. Il “con” dice questa condivisione, questa compartecipazione, è un soffrire, un patire insieme, ma è anche un costruire il futuro “insieme”. Davvero quello che ci sta a cuore, come ha rimarcato il Papa, è la promozione dell’Africa. Francesco con amarezza ha sottolineato che l’umanità porta avanti la fabbrica delle armi, anziché essere l’artigiana del bene da costruire. Di qui l’invito a noi di essere artigiani del futuro da costruire investendo sui giovani africani, un capitale umano meraviglioso. E noi siamo impegnati proprio nella formazione del personale sanitario locale, formazione fatta non dall’alto verso il basso, ma condividendo la vita, le nostre reciproche conoscenze sia nell’ambito proprio della formazione sia della ricerca e dell’innovazione, mettendo l’Africa e l’africano al centro. Il Papa, a proposito del nostro appello su quello che non si vede – ad esempio la sofferenza che l’Africa sta vivendo per la crisi internazionale molto forte ma che nessuno racconta e, quindi, non si vede e siccome non si vede non esiste nell’opinione pubblica -, ci ha chiesto di dare spazio alla voce dell’Africa che vuole dire la sua ed essere protagonista.
Le parole del Papa per noi sono state una grande spinta ad andare avanti, ci ha invitato a non avere paura a essere coraggiosi.
L’esortazione a non aver paura e a essere coraggiosi ci ha motivato tantissimo perché è Gesù stesso con il suo Vangelo a rimotivarci dentro per andare verso questo continente più povero del mondo.
Com’è la situazione in Africa?
È un’Africa che sta tornando indietro purtroppo, perché i prezzi sono aumentati vertiginosamente.
Faccio qualche esempio. In Etiopia il prezzo del grano è passato da 50 birr al quintale a 2mila birr al quintale, quindi la gente non riesce a comprarlo e i bambini mangiano meno. Di conseguenza abbiamo gli ospedali che si riempiono di bambini malnutriti, come accade a quello di Wolisso – della Conferenza episcopale cattolica che noi stiamo sostenendo -. Anche le spese che devono sostenere gli ospedali per il materiale sanitario sono molto aumentate: un paio di guanti di lattice che a gennaio costava 5 centesimi di euro adesso costa un euro. In Sierra Leone il gasolio, che serve come carburante delle ambulanze, da 8mila leoni al litro è arrivato a 25mila. La Sierra Leone è uno dei pochi Paesi che ha il sistema delle ambulanze, ma ora funzionano al massimo 5 o 6 giorni al mese: se c’è una donna che sta per partorire e ha bisogno di un cesareo in ospedale ma il gasolio è già esaurito, l’ambulanza comunque non parte mettendo a rischio la vita di quella donna che può morire o avere danni gravissimi. Sono situazioni che ti dicono come l’Africa stia facendo tanta fatica. Quello che non si vede, però, è che dentro questa situazione drammatica comunque ci sono degli esempi meravigliosi, come un papà che ha ventilato con l’Ambu tutta la notte il suo bambino che aveva la malaria cerebrale ed era andato in coma, in attesa che le terapie facessero effetto, e gli ha salvato la vita. O come in Mozambico, dove abbiamo inaugurato un master di secondo livello per medici e infermieri specializzati in emergenze pediatriche e neonatali: ho chiesto ad Adelaide, una delle dottoresse che partecipano al master, il perché di questa sua scelta e mi ha raccontato che nell’ospedale dove lavora aveva ricoverato 10 neonati asfittici, di cui sei erano morti, allora lei ha deciso di studiare ancora per ridurre il numero dei neonati che muoiono per asfissia. Il suo esempio ci dà forza. Allora, se è vero che per tanti problemi l’Africa sta tornando indietro, bisogna far leva sulle energie positive che ci sono e credere che si possa costruire un futuro migliore anche dentro le fatiche che stiamo vivendo.
Come sta andando il nuovo programma del Cuamm, “Prima le mamme e i bambini. Persone e competenze”?
Il programma, lanciato a fine 2021, dura cinque anni, con l’obiettivo di sostenere 500mila mamme e altrettanti bambini nel parto e nel primo mese di vita. Nella prima annualità abbiamo raggiunto il target che ci eravamo proposti, cioè il 20% della cifra, cioè 100mila mamme assistite e 100mila neonati accompagnati. Target raggiunto nonostante le difficoltà, la pandemia, la crisi. Siamo contenti, ma la sfida è aperta: adesso con questa crisi, basti pensare al blocco delle ambulanze di cui parlavo prima, c’è il rischio che le mamme non riescano ad arrivare in ospedale, quindi non possiamo assisterle e non possiamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Rispetto ai 16mila malnutriti da curare in 5 anni, siamo riusciti a curarne il 25%, sopra il target annuale che ci siamo ripromessi, ma ciò è anche legato al fatto che la malnutrizione negli ultimi sei/sette mesi è aumentata perché il prezzo delle derrate alimentari – zucchero, olio, farina, riso – è cresciuto tantissimo.
Sul piano formativo come procede il programma?
Oltre al master in Mozambico, in Sud Sudan a Lui si sono laureati 10 nuovi ostetrici locali. In un Paese che ha un’ostetrica ogni 15mila/16mila abitanti 10 nuovi ostetrici è un grande contributo. Anche nell’ambito della formazione manageriale stiamo andando avanti, perché curare il paziente è importante, ma anche saper organizzare in maniera manageriale un ospedale lo è altrettanto. L’obiettivo quinquennale che ci siamo dati è di 1.500 manager sanitari, anche su questo abbiamo lavorato e quel 20% per il primo anno l’abbiamo raggiunto, siamo contenti, ma anche qui la strada da fare è molto lunga.
Vuole fare un appello?
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per dare voce all’Africa, come dice il Papa, e mostrare quello che non si vede e quindi per il resto del mondo non esiste.
È vero che anche noi stiamo subendo gli effetti della crisi, anche noi stiamo facendo fatica, ma l’Africa davvero sta facendo fatica mille volte di più, allora ha bisogno della nostra solidarietà, di sentire che non vogliamo mollare nessuno per strada. Come dice il Papa, o ci si salva insieme o non ci salviamo, abbiamo bisogno dell’aiuto gli uni degli altri. Guardiamo il futuro, coscienti che non vogliamo perdere i più fragili, le mamme, i bambini. Siamo pronti a rallentare il nostro passo, ma camminare con loro, dando prospettive di futuro per tutti.