(Tokio) Ogni anno, il Mext, ministero dell’istruzione, cultura, sport, scienza e tecnologia giapponese, conduce in tutte le scuole elementari, medie e superiori, pubbliche e private, un’indagine a livello nazionale su problematiche del mondo giovanile con particolare riferimento al rifiuto e all’assenteismo scolastico a lungo termine, agli atti di bullismo e violenza gravi che si consumano nelle scuole e al numero dei suicidi tra gli studenti.
Gli ultimi risultati pubblicati a fine ottobre e relativi al 2021 hanno suscitato preoccupazione in tutti i Dipartimenti educativi delle 47 Prefetture dell’arcipelago nipponico. Due in particolare i dati record che hanno lanciato un allarme sulla strisciante situazione di disagio in cui da tempo vivono bambini ed adolescenti del Sol levante.
Il primo è relativo agli studenti delle scuole elementari e medie classificati dal Mext come “assenteisti a lungo termine”. Sono infatti 244.940 rispetto ai 196.127 del 2020 (aumento annuale del 24,9%) i ragazzi tra i 5 e i 13 anni che non hanno frequentato la scuola 30 o più giorni, per ragioni diverse dalla malattia o motivi economici.
Il secondo dato preoccupante riguarda gli atti di bullismo compiuti nelle scuole di ogni ordine e grado. Sono stati infatti 615.351 i casi registrati, con una crescita significativa nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Entrambi i dati risultano essere i più alti di sempre e, per quanto riguarda l’assenteismo scolastico nella scuola dell’obbligo, vanno a conferma di un trend che dura ormai da nove anni.
Dati discordanti invece sul fronte dei suicidi. L’indagine ha rilevato infatti un calo del numero degli alunni che si sono tolti la vita, passati dai 415 nel 2020, il più alto degli ultimi anni, ai 368 del 2021. Sale invece per il terzo anno consecutivo il numero dei suicidi tra gli studenti delle scuole elementari e medie: 117 casi nell’ultimo anno, superiore a quota 100 per il secondo anno consecutivo.
“Apatia ed ansia” al primo posto tra le cause dell’assenteismo rilevate dall’indagine del ministero dell’Istruzione, a seguire i “i rapporti genitori/figli”, “i problemi relazionali e di amicizia”, mentre qualche esperto ha aggiunto “relazione alunno/corpo docente” non evidenziato dal sondaggio.
Sullo sfondo, i sondaggisti del ministero hanno inoltre attribuito ai cambiamenti nello stile di vita e allo sfilacciarsi delle relazioni interpersonali causati dal prolungarsi della pandemia la ragione del calo di motivazione nella frequenza scolastica. Già in una precedente indagine online condotta dalla National center for child health and development tra il novembre del dicembre 2020, su come i cambiamenti sociali ed economici associati al coronavirus stessero influenzando corpo e mente dei minori, è emerso che il 15% degli studenti dalla quarta alla sesta elementare, il 24% di quelli delle medie e il 30% di quelli delle superiori avevano mostrato livelli medio/alti di sintomi depressivi, mentre il 6% degli studenti dalla quarta elementare in su aveva inoltre dichiarato di aver pensato quasi ogni giorno “al suicidio o ad atti di autolesionismo”, manifestando crescenti stati di ansia e di stress.
Nella report card 16 pubblicata dall’Unicef nel 2020 relativa alle condizioni di vita dei giovani nei Paesi sviluppati risulta che tra le 38 Nazioni industrializzate il Giappone si è classificato al 37º posto per quanto riguarda il “benessere mentale” dei giovani, in base a due indicatori: percentuale di quindicenni con un’alta soddisfazione di vita e tasso di suicidi tra giovani dai 15 ai 19 anni. L’inchiesta Unicef si è riferita a dati raccolti nel 2018, prima del coronavirus che può certamente avere contribuito ad acuire le ragioni dello stato di malessere delle giovani generazioni giapponesi, ma le cui ragioni vanno cercate altrove.
Il Sir ha chiesto di esprimere il proprio punto di vista su questi temi a padre Masaharu Torigoe, preside del “SalesioGakuin” una scuola che ospita 1000 studenti maschi, non solo cattolici, di classi medie e superiori, che si trova nella città portuale di Yokohama, poco distante da Tokyo.
“Una spiritualità povera e addormentata è la ragione profonda per cui i giapponesi ed i giovani in particolare si sentono soli”,ci ha detto p. Torigoe, “Vivendo accanto ai nostri studenti percepiamo come questa carenza di spiritualità, non solo di quella cristiana, abbia conseguenze sulla loro vita concreta, rendendone oscuro il senso, impedendo la scoperta dei valori veri, privandoli di un orientamento e riducendo la loro capacità di aprirsi e relazionarsi profondamente all’altro”.
“Il Giappone – spiega – è un Paese ricco, sviluppato, tecnologicamente avanzato, ma materialista e nel quale le persone sono profondamente sole ed isolate”.
Nel ‘SalesioGakuin’ in quanto scuola privata si può insegnare religione ma, sottolinea il preside salesiano, “come formatori cristiani, siamo consapevoli che uno studio teorico della Bibbia se non accompagnato dalla testimonianza non basta a risvegliare il desiderio di spiritualità che, se pur sopito, è tuttavia presente in questi giovani come in ogni essere umano”.
Infine, un richiamo al ruolo della famiglia: “I giovani giapponesi hanno poca autostima e per aiutarli c’è bisogno di far sperimentare loro di essere amati e per questo è fondamentale la famiglia come ‘luogo’ privilegiato dove poter manifestare e condividere le difficoltà, le ansie, le speranze, gli errori, i fallimenti e dove sentirsi appunto persone accolte, perdonate ed amate”.
“Come salesiani – conclude padre Masaharu Torigo -, abbiamo il dovere di recuperare l’attenzione verso le famiglie, specialmente quelle più povere che non hanno possibilità di mandare i loro figli in scuole private come la nostra. Come seguaci di Don Bosco è nostro compito prenderci cura di loro”.