“Grazie per aver chiamato, per aver chiesto cosa sta succedendo. Quello che chiediamo è che il mondo sappia e non ci dimentichi. Pregate per noi. Aiutateci in qualsiasi modo. Il nostro popolo si sente totalmente dimenticato”. A parlare è una fonte dell’arcidiocesi di Mandalay che chiede, quasi scusandosi, di rimanere nell’anonimato perché – dice – “è pericoloso e voglio poter rimanere a fianco della mia gente, sulla mia terra” e “i militari agiscono senza nessuna considerazione per nessuno”. È nell’arcidiocesi di Mandalay che si trova Sagaing: qui a Tabayin Township, il 16 settembre scorso, almeno 11 bambini sono morti a causa di un attacco aereo e di fuoco indiscriminato contro aree civili.
Nell’attacco è stata colpita anche una scuola. Le foto che arrivano dal Myanmar sono terribili. Si vendono corpi di bambini morti avvolti nei teli e macerie ovunque, macchie di sangue. Anche chi invia queste immagini al Sir chiede di poter rimanere nell’anonimato, perché qui all’orrore della morte si aggiungono anche le ritorsioni, la sorveglianza, il controllo efferato dei militari. La strage è avvenuta cinque giorni fa e solo ora stanno emergendo testimonianze drammatiche. Molto è ancora da chiarire anche perché secondo l’Unicef, almeno 15 bambini della stessa scuola risultano ancora scomparsi. La fonte raggiunta dal Sir esprime “molto dolore per i genitori”, e aggiunge: “Questo è successo in città ma nei villaggi ogni giorno, ogni momento succedono cose simili e nessuno sa e saprà mai nulla. Sento il pianto dei genitori. Abbiamo ricevuto nella mia diocesi più di 1.800 profughi. Accogliendoli, ascoltando lo loro storie, il dolore si fa sempre più profondo”.
Dal colpo di Stato del febbraio 2021, con cui i militari hanno travolto il governo civile guidato da Aung San Suu Kyi, l’esercito birmano si è macchiato di violenze atroci contro i civili, prendendo più volte di mira anche le istituzioni religiose dove la popolazione cerca rifugio dagli scontri. In particolare, la regione del Sagaing, dove si trova la scuola monastica colpita, è stata teatro nei mesi scorsi di diverse offensive dell’esercito birmano, che avrebbe dato alle fiamme interi villaggi, spingendo alla fuga circa mezzo milione di persone, secondo un rapporto pubblicato questo mese dall’Unicef. Morti, arresti indiscriminati, addirittura condannati a morte. Ad essere colpite da missili, attacchi di artiglieria e saccheggi sono anche chiese, monasteri e conventi religiosi dove spesso trovano rifugio donne e bambini in fuga dalla guerra. “La nostra gente, da tanto tempo, soffre – racconta la voce dal Myanmar – ma il mondo non sa quello che stiamo vivendo. Anche l’Europa ha dimenticato questa terra”.
Dico sempre che la sofferenza è enorme. Le persone hanno perso le loro case. I loro villaggi sono stati distrutti e rasi al suolo.
La maggioranza della popolazione della diocesi di Mandalay è buddista. “Io piango sempre per loro e con loro”, raccontano dal Myanmar. “Il dolore è molto profondo. Stiamo ascoltando le loro storie. Ci raccontano di come hanno perso le loro case e sono fuggiti dai loro villaggi. Sono anziani, bambini, donne. In questa zona non c’è né foresta né montagna. I profughi sono in campo aperto, sotto la pioggia, senza un tetto dove proteggersi. Non hanno né cibo né medicine. Niente”. Desta inoltre grande preoccupazione soprattutto la situazione dei giovani. “Dal 2020, l’anno del Covid, le scuole sono state chiuse e con il colpo di stato molti studenti, aderendo al movimento di disobbedienza civile, non vanno a scuola. E questo significa che in Myanmar i giovani stanno crescendo senza educazione. Stiamo assistendo inoltre ad un sistema di ingiustizia. Molti giovani vengono messi in prigione senza certezza,senza ragione. Molti genitori quindi non sanno dove sono i loro figli e i figli non sanno dove sono andati i loro genitori”.
La Chiesa è impegnata ad andare incontro e in aiuto della gente. Solo a Mandalay, la diocesi ha aperto 5 centri per profughi, a cui danno rifugio a più di 2.000 persone. “D’altronde l’economia è molto peggiorata. Gli anni del colpo di stato stanno pesando ogni giorno, sempre di più. I poveri in città sono senza lavoro. E l’accesso al cibo e alle medicine è sempre più difficile. Ma nei villaggi la situazione è ancora più critica. Solo le suore aprono qui dei dispensari sanitari dove vengono distribuite le medicine e lo fanno nonostante il pericolo che corrono. Per questo chiedo, non dimenticatevi di noi”.