“Gli anni 2022 e 2023 segnano diverse ‘pietre miliari’ per l’evangelizzazione del Giappone”. Con queste parole il presidente del Comitato giapponese per la promozione delle canonizzazioni, Yoshinao Otsuka, vescovo di Kyoto presentava in un suo messaggio di inizio anno il “400° Anniversario del Grande Martirio di Genna: una testimonianza d’amore”, un itinerario pensato dalla Conferenza episcopale giapponese (Cbcj) per ripercorrere alcune delle tappe fondamentali dell’annuncio del Vangelo in Giappone.
Non si tratta tuttavia solo di un evento commemorativo come viene sottolineato nel Messaggio di presentazione: “Ora è il momento per la Chiesa giapponese di ascoltare i martiri e di vivere la speciale grazia di Salvezza che Dio ha dato alla Chiesa giapponese nella Chiesa di oggi”.
Un cammino iniziato il 10 settembre che si concluderà il 4 dicembre 2023 e che avrà al centro la riflessione sul martirio e sulle persecuzioni che hanno caratterizzato l’annuncio del Vangelo nel Sol Levante ma che include anche ‘anniversari’ occorsi nell’arco di tutto il 2022 e che i vescovi del Giappone hanno definito appunto ‘pietre miliari’: 400° anniversario della canonizzazione di San Francesco Saverio (12 marzo 1622/2022). 160° anniversario della canonizzazione dei 26 santi martiri del Giappone (8 giugno 1862/2022). 400° anniversario della fondazione del Dicastero per l’Evangelizzazione dei popoli, De Propaganda Fide (22 giugno 1622/2022), 400° anniversario del Grande Martirio di Genna a Nagasaki (10 settembre 1622/2022), 150° anniversario dell’abolizione della proibizione del cristianesimo (24 febbraio 1862/2022), 400° anniversario del Grande Martirio di Edo (4 dicembre 1623/2023).
La data del 10 settembre, scelta come prima tappa di questo percorso ha una rilevanza particolare per la Comunità cattolica nipponica e per l’arcidiocesi di Nagasaki in particolare, in quanto quest’anno, in questo giorno, insieme alla ricorrenza per i 205 martiri del Giappone, ricorre anche il 400° anniversario del “Genna no Dai-Junkyo”, il Grande martirio dell’era Genna. A Nagasaki, sulla collina di Nishizaka, proprio la stessa dove il 5 febbraio 1597 con la crocifissione dei 26 protomartiri Paolo Miki e compagni era stato versato sul suolo giapponese il primo sangue cristiano, 25 anni dopo, il 10 settembre 1622, altri 55 cattolici, tra missionari gesuiti, domenicani e francescani, tra i quali il gesuita Carlo Spinola ed il domenicano Angelo Orsucci, e fedeli laici, comprese famiglie coi loro bambini, scelsero il martirio piuttosto che l’abiura, morendo arsi vivi o decapitati.
Mons. Yoshinao Otsuka nel suo messaggio ha richiamato le parole di Papa Francesco rivolte ai vescovi a Tokyo , il 23 novembre 2019 in occasione del suo viaggio apostolico in Giappone: “Il dna delle vostre comunità è segnato da questa testimonianza, antidoto contro ogni disperazione, che ci indica la strada alla quale orientarsi . Tutte le feroci persecuzioni messe in atto dai vari Shogun non sono riuscite tuttavia ad estirpare il seme gettato da San Francesco Saverio a partire dal suo arrivo in Giappone il 15 agosto 1549.
Pensiamo anche – continuava Papa Francesco – ai ‘cristiani nascosti’ della regione di Nagasaki, che hanno conservato la fede per generazioni grazie al battesimo, alla preghiera e alla catechesi. Autentiche chiese domestiche che risplendevano in questa terra, forse senza saperlo, come specchi della Famiglia di Nazaret. “Papa Paolo VI nella esortazione apostolica ‘Nobis in animo’ spiegava che accanto alla ‘storia della salvezza’ esiste una ‘geografia della salvezza’. Il riferimento era ai Luoghi della Terra Santa, ma se volessimo applicarlo al Giappone la regione di Nagasaki in particolare occuperebbe una posizione privilegiata nella “geografia della Salvezza” in Giappone. La “Santa collina” dei Martiri di Nishizaka, alle porte di Nagasaki; la Basilica dei Ventisei Martiri ad Oura, località soprastante il porto di Nagasaki, dove il 17 marzo 1865 tornò allo scoperto, dopo due secoli e mezzo di nascondimento, un primo gruppo di ‘cristiani nascosti’ ; il ‘Mugenzai no Sono’ il giardino dell’Immacolata, complesso francescano fondato a Nagasaki da Massimiliano Kolbe durante la sua attività missionaria svolta nella città dal 1930 al 1936 e miracolosamente sopravvissuto alla devastazione atomica del 1945; di nuovo Urakami dove nel 1931 la famiglia Moriyama, discendente da sette generazioni dei ‘kakure kirishitan’, i cristiani nascosti, accolse nella propria casa un giovane promettente medico ateo: Takashi Nagai che attraverso la testimonianza di vita cristiana di questa famiglia contadina completò il suo travagliato percorso di conversione al cattolicesimo battezzandosi col nome di Paolo. Sposata Midori, la figlia dei Moriyama, divenne, con la sua sposa, uno straordinario testimone della fede del ventesimo secolo. Ecco la lettura incredibile, per qualcuno forse scandalosa, che, con la luce della fede, Takashi ‘Paolo’ Nagai, diede dell’olocausto di Nagasaki, il disastro atomico nel quale perse la vita anche la moglie Midori: “Ci chiediamo: il convergere di simili eventi, fine della guerra e celebrazione della festa di Maria Assunta in Cielo, è stato un puro caso o un segno provvidenziale?
Ho sentito dire che la bomba atomica era destinata a un’altra città. Le fitte nubi resero quel bersaglio troppo difficile e i piloti puntarono sul bersaglio alternativo, Nagasaki. Ci fu anche un problema tecnico, per cui la bomba fu lanciata molto più a nord di quanto era stato stabilito e scoppiò così proprio sulla cattedrale.
Non fu certo l’equipaggio dell’aereo americano che scelse il nostro quartiere. Io credo che fu Dio, la sua provvidenza, a scegliere Urakami e a portare la bomba esattamente sulle nostre case. Non c’è forse un profondo rapporto tra l’annientamento di Nagasaki e la fine della guerra? Non fu forse Nagasaki la vittima scelta, l’Agnello del sacrificio ucciso, per essere offerta perfetta sull’altare, dopo tutti i peccati commessi dalle nazioni della Seconda guerra mondiale?”. Takashi morì di leucemia nel 1951 ed oggi è in corso il processo di canonizzazione suo e di sua moglie. Suonano ancora vere di fronte a queste testimonianze le parole pronunciate da Papa Francesco davanti al Monumento dei Martiri di Nagasaki nel 2019: “Questo luogo è prima di tutto un monumento che annuncia la Pasqua, poiché proclama che l’ultima parola – nonostante tutte le prove contrarie – non appartiene alla morte, ma alla vita”, ribadendo che: “Non siamo chiamati alla morte, ma a una vita in pienezza; loro lo hanno annunciato”.