La febbre del gas infiamma i mercati e fa schizzare il prezzo per megawattora a 315 euro. Una cifra vertiginosa influenzata dal destino della guerra ma anche da una buona dose di speculazioni. Nel frattempo a Bruxelles la Commissione continua a interrogarsi se introdurre un tetto temporaneo ai prezzi di importazione per tentare di mettere un freno all’aumento dei costi che già preoccupano consumatori e imprese dell’Unione. La misura sarebbe necessaria secondo Raul Caruso, docente dell’Università Cattolica di politica economica, che spiega come il razionamento anche in Italia sarà inevitabile.
Professore lei spera che l’Unione fissi un tetto al prezzo dell’energia?
Sì e da molto tempo. Siamo in una situazione di guerra ormai conclamata e non si possono mantenere le stesse regole di mercato. L’economia di guerra è diversa, pretende di gestire la scarsità di vari beni. Nel nostro caso la scarsità è di gas e di altre materie prime. Pensare di mantenere il libero mercato in queste condizioni è impossibile.
Il prezzo del gas sale vertiginosamente nel frattempo.
Quel prezzo che vediamo non è per tutto il gas negoziato ma per una parte residuale del mercato che riguarda i contratti a breve termine e si basa sui future cioè su previsioni. La maggior parte del gas a livello europeo viene gestita con contratti pluriennali con dei prezzi fissati. Un’altra parte del mercato invece viene gestita da contratti a breve. Quindi l’aumento di cui sentiamo parlare non riguarda tutto il mercato del gas. Sta alla capacità delle singole aziende di aver negoziato contratti a lungo termine. Quello che possiamo intuire è che i picchi derivino da speculazioni. Non dobbiamo osservare solo il rialzo ma la volatilità nel breve termine che è molto interessante e ci dice che il mercato è soggetto a speculazioni. Fra una settimana infatti il prezzo potrebbe diminuire.
Non bisogna farsi prendere dal panico ma va fatto un accordo sull’approvvigionamento a livello europeo. Una delle debolezze dell’Unione europea è proprio questa: l’incapacità in questi mesi di gestire in maniera unitaria l’approvvigionamento del gas.
Andava adottata subito una misura di questo genere. La Commissione ha paura di usare uno strumento di questo genere?
Non è un tema da Commissione che agisce su delega del Consiglio. Sono i capi di governo che devono prendere la decisione. In questo momento c’è una incapacità da parte dei capi di governo dei Paesi più grandi di portare avanti discorsi scomodi come questo.
Non avremmo nemmeno il problema della unanimità, è possibile infatti che alcuni Paesi possano avviare una cooperazione rafforzata e che altri possono aderire o meno in seguito. In teoria, se la Francia, la Germania e l’Italia si mettessero d’accordo potrebbero fare un approvvigionamento comune.
Una volta imposto il tetto, la Russia potrebbe bloccare del tutto la fornitura?
Le decisioni della Russia in molti casi sono indipendenti dalle nostre decisioni. Siamo portati a pensare che ci sia un rapporto dialettico con la Federazione ma non è sempre così. La Russia ha un obiettivo ben diverso da quello che immaginiamo. Se il governo del Cremlino avesse a cuore le sorti economiche la guerra sarebbe già finita.
A proposito di riserve di gas, l’Italia è in buone condizioni grazie anche al recente accordo con l’Algeria?
L’accordo ci ha messo in sicurezza ma sia chiaro il razionamento ci sarà. Non dimentichiamo poi che l’Algeria è molto più vicina politicamente alla Russia che a noi. Per ciò che sono le cifre dichiarate, l’accordo ci mette a riparo nel breve periodo. Nel lungo invece la Germania, che questo inverno subirà un razionamento, ha una politica energetica più delineata della nostra.
Tanto è vero che continuano a dismettere le centrali nucleari perché hanno deciso anni fa di puntare sulle rinnovabili e mi viene da pensare che nei prossimi anni si attesterà su un equilibrio energetico più confortevole rispetto a noi.
Il nuovo governo italiano dovrà affrontare subito il tema dell’energia.
Dobbiamo augurarci di avere un governo serio che faccia politiche credibili. Più che mai, bisognerà pensare a lungo termine al di là delle scadenze elettorali.