“Almeno tre volte sono passati dei proiettili vaganti sul nostro campo estivo. C’erano 150 bambini, potevano prendere chiunque. Dobbiamo proteggerli dalle gang. Ma anche se fuori sparano noi cantiamo e balliamo”. Suor Marcella Catozza, della Fraternità Francescana missionaria di Busto Arstizio, è una donna energica, solare, combattiva. Non si perde d’animo nonostante i rischi che la sua comunità è costretta a vivere ogni giorno. È in missione da 18 anni a Port-au-Prince, capitale di Haiti, dove gestisce un orfanotrofio con 150 bambini e una scuola materna nella pericolosa bidonville di Waf Jeremie. Ha visto peggiorare di anno in anno la situazione, ora la violenza delle gang ha raggiunto livelli intollerabili, “mai visti prima”. “Girano filmati con ragazzini di 14/15 anni con la mitragliatrice al collo, che sparano a chiunque, anche per giocare”, racconta al Sir suor Marcella.
Oltre 471 omicidi in due settimane. Anche i vescovi di Haiti hanno diffuso il 1° agosto una nota in cui si dicono “stupiti e indignati per l’impotenza dello Stato” nei confronti delle bande armate. Secondo i dati delle Nazioni Unite, tra l’8 e il 17 luglio 2022, oltre 471 persone sono state uccise, ferite o risultano disperse. Circa 3.000 persone sono fuggite dalle loro case, tra cui centinaia di bambini non accompagnati, mentre almeno 140 case sono state distrutte o bruciate. “E questi sono solo gli omicidi noti – commenta la religiosa -. Vicino a noi hanno ucciso dei ragazzi con il machete e poi bruciati, non so se questi rientrano nelle statistiche ufficiali”.
Le gang si combattono per la conquista dei territori e tengono in ostaggio intere aree della città. Senza contare i sequestri a scopo di riscatto, come i cinque preti, due religiose e tre familiari rapiti lo scorso anno e poi rilasciati. La violenza colpisce i cittadini di tutte le classi sociali, haitiani e stranieri. L’ultimo episodio, che ha scosso per pochi giorni l’opinione pubblica italiana è stata l’uccisione di suor Luisa Dall’Orto, la religiosa lecchese assassinata lo scorso 25 giugno. Le due religiose erano amiche: “Il fatto mi ha messo in ginocchio però sono sicura che era pronta. C’è stata una lettera dei vescovi ma poi tutto è tornato come prima, l’attenzione è calata. Nessuno fa mai niente. Ci sentiamo abbandonati dalla comunità internazionale”, confida.
La missionaria è costretta a far fronte a minacce sempre nuove:
“Abbiamo dovuto portar fuori dall’orfanotrofio i maschietti perché i banditi venivano a prenderli”.
Tempo fa accadeva con le ragazze, che rischiavano di essere rapite dalle gang per scopi sessuali. Eppure, insieme ad una cinquantina di operatori haitiani che lavorano a turni 24 ore su 24, tutti si adoperano per far sì che le giornate all’orfanotrofio scorrano comunque serene: “Adesso siamo in vacanza, abbiamo organizzato un campo estivo molto bello. Il 3 settembre apre la scuola, il sarto sta facendo le divise color arancione. Si canta, gioca e balla, le giornate sono gioiose, con molti colori, musica e balli serali”.
Che futuro avranno i bambini haitiani? È un vivere alla giornata che consente ai bambini e alle bambine di ricevere cibo, istruzione, cure e amore. Il problema è dopo, quando diventeranno maggiorenni. “Che futuro hanno se non c’è nessuno che tenda loro una mano?”, si chiede amareggiata la religiosa. Tempo fa aveva provato a portare 25 bambini haitiani a studiare in Italia ma è stata bloccata dal Tribunale dei minori, che non ha concesso i permessi di studio ai minori di 14 anni. Uno di loro, Chico, oggi 18enne, ha frequentato in Italia la scuola agricola ma poi è stato espulso. Ha il papà lontano ed è costretto a mantenersi da solo. “Poteva avere un futuro in Italia invece fa le pulizie dai banditi. Oggi fa solo le pulizie, domani non sappiamo cosa potrebbe succedere”.
La violenza impedisce ai bambini di andare a scuola. L’Unicef ha denunciato giorni fa anche rischi di malnutrizione acuta grave per i bambini di alcune bidonville di Port-au-Prince. Secondo suor Marcella, “il problema più grave non è la malnutrizione ma la violenza che impedisce ai bambini di andare a scuola. Quando sono arrivata, nel 2006, i bambini morivano in ambulatorio. Oggi non più. Se le grandi organizzazioni catalizzano l’attenzione solo sui bambini ‘cadaverici’ finiscono per reggere il gioco di chi vuole il male di questo Paese. L’intervento deve essere molto più profondo. Altrimenti che si fa? Diamo da mangiare e poi prepariamo i nuovi banditi di domani, perché non hanno alternative lavorative? Se non cominciamo a formare intere generazioni non cambia niente”.
Il governo haitiano non riesce a mantenere il controllo del territorio. Spesso vengono uccisi poliziotti e sterminate intere famiglie. La religiosa teme che sia “una guerra tra gang sponsorizzata da politici e finalizzata ai voti alle prossime elezioni. Più territorio prendi, più voti avrai, ma poi chi si trova in mezzo rischia la vita”. Come tante altre situazioni nel mondo, conferma suor Marcella, “probabilmente ci sono interessi tali per cui fa comodo che Haiti sia così. È evidente che passa da qui tutta la droga che viene dal Venezuela e dalla Colombia e nessuno la blocca”. I caschi blu della missione Onu sono andati via da anni, sono rimasti solo alcuni uffici delle organizzazioni delle Nazioni Unite. “Ma non si sente il beneficio della loro presenza”, ammette la religiosa, chiedendo “una missione operativa e un intervento più grande, perché di sicuro Haiti da sola non ce la può fare”.
La questione sicurezza. La missione di suor Marcella, sostenuta da diverse associazioni di volontariato e dalla Fondazione Via Lattea, non si avvale di guardie armate per garantire la sicurezza. “Un missionario non può andare con le armi – afferma convinta -. Chiediamo alla Madonna di proteggerci. Altra sicurezza non ne ho”. Solitamente missionari e cooperanti contano sulla protezione della comunità in cui operano ma l’omicidio di suor Luisa Mainetti “dimostra che il territorio non è più una garanzia, ora è saltato tutto”. Eppure, nonostante tutto, “mi alzo ogni mattina felice – conclude -. Ad Haiti c’è sempre il sole, quando sarà il tempo e l’ora siamo pronti”.