Almeno hanno un santo a cui votarsi, gli argentini: san Cayetano, cioè san Gaetano, il santo “del pane, della pace e del lavoro”. In tanti, sabato scorso, a Buenos Aires e in tutto il Paese, si sono affidati a questo speciale patrono, senza avere altro cui aggrapparsi. L’Argentina sta vivendo, infatti, ancora una volta, mesi molto difficili: inflazione alle stelle, con una proiezione annuale del 90%, e conseguente aumento della povertà, dato che la maggior parte della popolazione vive di lavori precari e sottopagati. Ma la crisi è anche politica. Negli ultimi mesi gli argentini hanno assistito a scontri sempre più aspri in seno alla maggioranza peronista, in particolare tra il presidente Alberto Fernández e la vicepresidente Cristina Kirchner. Il disaccordo si è materializzato proprio sulle questioni economiche, dopo l’accordo con il Fondo internazionale raggiunto dal presidente. In un mese si sono alternati tre ministri dell’Economia: Martín Guzmán, Silvina Batakis, rimasta nel suo incarico meno di un mese e, da fine luglio, Sergio Massa, ex presidente della Camera e politico in grado di avere l’autorevolezza per gestire il Ministero in un momento così difficile. L’accordo sul nome di Massa ha, per il momento, messo sotto il tappeto le divisioni.
Invito al dialogo, ma la sfiducia è al massimo storico. Proprio in occasione della festa di san Gaetano, la Conferenza episcopale argentina (Cea) ha diffuso un messaggio, in cui ha auspicato, senza mezzi termini: “Quanto ci farebbe bene dialogare e condividere il pane di idee e pratiche che costruiscano una fraternità politica, pensare in primo luogo a coloro che più soffrono di questa crisi e cercare soluzioni oneste e realistiche, facendo a meno di strumentalizzare in modo clientelare le necessità della gente!”. Parole che vengono confermate, al Sir, da mons. Marcelo Daniel Colombo, arcivescovo di Mendoza e vicepresidente della Conferenza episcopale argentina. “Sì – ci spiega – stiamo vivendo un momento molto delicato. I salari sono molto bassi, rispetto ai prezzi di generi alimentari e medicinali, che continuano a salire. La gente prova terrore, vive una grandissima crisi di fiducia, c’è molta incertezza”. Di fronte alle polemiche politiche e all’arrivo del nuovo ministro Massa, l’arcivescovo fa notare che “la cosa più importante è il dialogo, dentro il Governo e non solo, è necessario con tutti i settori della società. Ora, con questa scelta del ministro si è rafforzata la possibilità di una ricomposizione, ma il problema è quello di superare questo clima di sfiducia e incertezza”. In effetti, il Centro di analisi economica dell’Università Cattolica dell’Argentina (Uca) ha attestato che l’Indice di incertezza economica di luglio è arrivato al 65,3%, con un aumento del 6,5% rispetto a quello raggiunto a giugno. Il valore di luglio è vicino al record storico dello scorso marzo, mentre il livello medio dei primi 7 mesi dell’anno è del 26% superiore a quello del 2021. Questa misurazione rivela che la percezione dell’incertezza economica è a livelli estremi.
Quello di mons. Colombo è un osservatorio particolare, quello di Mendoza, città periferica ma importante, particolarmente vivace economicamente, per la produzione di vino e olio, per un commercio fiorente, per un’industria legata alla conoscenza e al progresso tecnologico. Eppure, anche qui la crisi di fa sentire. Secondo uno studio sull’area metropolitana della Gran Mendoza, condotto dall’Osservatorio del debito sociale dell’Università Cattolica dell’Argentina, il tasso di indigenza, nel 2021, ha sfiorato il 10% e supera, seppure di pochissimo, la media nazionale. Il tasso di povertà è al 36%, poco sotto il 39% nazionale. “Non c’è settimana senza qualche giornata di sciopero, soffrono in particolare i dipendenti pubblici, a causa dell’aumento dei prezzi. Anche il commercio vive un periodo difficile. Come arcidiocesi, cerchiamo di mantenere aperto il dialogo con le istituzioni e con gli imprenditori, di promuovere e aiutare il settore dell’economia popolare. Soprattutto, cerchiamo di far passare il messaggio che non si deve ‘tirare la corda’, che non deve prevalere la volontà di distruggere”. Da mons. Colombo arriva, infatti, un messaggio di speranza: “Contiamo sulla capacità degli argentini, ma bisogna evitare corruzione e clientelismo. È importante la solidarietà verso i poveri, ma la politica deve concentrarsi soprattutto sul tema del lavoro degno, senza il quale non può esserci progresso sociale”.
La crisi dei peronisti. Molto, però, passerà per la soluzione delle turbolenze politiche, almeno nei circa 14 mesi che mancano alle elezioni presidenziali. Uno scenario non facile, secondo Ignacio Labaqui, analista politico e sociologo dell’Università Cattolica Argentina (Uca). “Il presidente Alberto Fernández – spiega – è rimasto solo. Ha dimostrato di non essere un buon gestore. Con la nomina di Massa al Ministero dell’Economia, la situazione si è un po’ tranquillizzata. Ma, realisticamente, il Governo non ha né la fiducia né il tempo per fare miracoli. L’importante sarebbe ridurre la volatilità finanziaria, fermare la corsa dell’inflazione, arrivare nel modo più ordinato possibile alle elezioni. La situazione resta molto complessa.
L’Argentina ha bisogno di un piano di stabilizzazione e riforme, che però può essere fatto solo da un Governo legittimato”.
In vista delle presidenziali, è difficile ipotizzare come i peronisti si presenteranno: “Il presidente Fernández non ha chance, è molto impopolare e rigettato dalla sua stessa squadra. Sergio Massa è forte nel partito, ma anch’egli è impopolare, dovrebbe dare una svolta nei prossimi mesi, in questo momento imprevedibile, per potersi candidare alla presidenza. Alla fine resta Cristina Kirchner, è quella che può portare più voti ai peronisti, anche se non è facile pensare che possa vincere. Anzi, a lei, già due volte presidente, converrebbe puntare a un seggio sicuro al Senato, piuttosto che gettarsi in una corsa quasi persa”.
Ci si chiede come l’Argentina, di fronte al blocco dell’esportazione di cereali da Ucraina e Russia, a causa della guerra, non abbia avuto una chance, dato che essi sono per il Paese sudamericano una grande risorsa economica. “In realtà – spiega Labaqui – ora il prezzo sta scendendo, dopo i rialzi dei mesi scorsi. Ma il vantaggio, per il Paese, è stato vanificato dal fatto di non avere fonti d’energia e di dover importare soprattutto gas naturale liquefatto. Il costo dell’energia ha avuto un impatto negativo, che ha bilanciato l’effetto positivo del prezzo dei cereali”.