“Sì, la tensione tra Taiwan e Cina mi preoccupa. Dopo la visita di Pelosi, i rapporti tra Taiwan e Cina non saranno più gli stessi di prima”. Raggiunto dal Sir, è padre Otfried Chan, segretario generale della Conferenza episcopale regionale cinese – Taiwan, a parlare del clima che si respira a Taipei mentre proseguono le esercitazioni militari della Cina, intorno all’isola che Pechino considera una “provincia ribelle”. Sono azioni – si legge in una nota ministero degli Esteri taiwanese – che pregiudicano “lo status quo nello Stretto di Taiwan” e fanno “salire le tensioni nella regione”. Dopo la visita della speaker della Camera americana Nancy Pelosi a Taiwan, la tensione resta ancora alta. Taiwan chiede uno stop alla Cina. Solo in queste ultime ore, il ministero della Difesa di Taiwan ha contato un totale di 13 navi e di 39 aerei dell’Esercito popolare di liberazione (Pla) cinese “nella regione circostante”. I militari di Taipei “hanno monitorato la situazione e risposto a queste attività inviando aerei, navi militari e attivato i sistemi missilistici di terra. Tra i caccia, 21 (inclusi otto SU-30 e sei J-11) “hanno volato sulla parte est della linea mediana dello Stretto di Taiwan e nella zona di sudovest dello spazio aereo di difesa”.
Padre Chan, come sta vivendo la popolazione in queste ore di tensione? La gente ha paura?
Il popolo taiwanese reagisce diversamente di fronte alle misure “punitive” prese dal Governo cinese. Molti cittadini si mostrano rassegnati perché sono abituati alla dimostrazione di forza della Cina; hanno altre preoccupazioni più concrete come la disoccupazione a causa della pandemia e l’inflazione, mentre altri sono determinati a lottare per la democrazia, malgrado le molteplici sanzioni prese da Pechino. Ad ogni modo, attualmente non si può dire che nella popolazione taiwanese ci sia paura, ma tutti sono un po’ preoccupati, questo sì.
Cosa può aiutare ora a calmare la situazione e favorire un processo di pace?
Io personalmente direi che spetta alla comunità internazionale, soprattutto agli Stati Uniti, calmare la tensione tra Taiwan e la Cina. La Cina è diventata oggetto di critica dei Paesi occidentali perché non è un Paese democratico secondo il modello occidentale. Ma più i Paesi occidentali fanno pressione sulla Cina, più la Cina reagisce vigorosamente, a rischio di essere irrazionale. E tocca a Taiwan subire per prima le conseguenze economiche, politiche, forse anche militari e ciò non giova a nessuno alla fine. Penso che sia idoneo ricordarci qui quello che ha detto Papa Francesco riguardo il conflitto tra la Ucraina e la Russia, cioè“che la saggezza ispiri passi concreti di pace.”
Vuole fare un appello ai leader mondiali, a cominciare dai governi di Cina e Stati Uniti?
Sono sacerdote, non sono politico, e non sono qualificato a fare un appello alla Cina e agli Stati Uniti. Non dimentichiamo che la Chiesa cattolica ha un Papa Francesco che è un leader spirituale. Auguro che i politici, soprattutto il presidente statunitense Joe Biden, possano dare retta a quello che Papa Francesco ha scritto nella sua lettera enciclica “Fratelli Tutti”. Sono sicuro che in quel testo troverebbero molte ispirazioni e principi pratici per favorire il dialogo fra i Paesi.
Ma lei come vede il futuro di Taiwan?
Dal punto di vista umano Taiwan non vedrà così presto giorni facili. Molti giovani in Taiwan non si sposano o non vogliono avere figli, sicché Taiwan ha il tasso di natalità più basso del mondo, mentre la popolazione taiwanese invecchia e i matrimoni civili non durano molto tempo. La Chiesa cattolica in Taiwan è l’unica istituzione che fa di tutto per proteggere la vita e difendere il matrimonio tra uomo e donna, per il bene del popolo taiwanese e del Paese. Se il messaggio della Chiesa viene ascoltato e accolto, si può sempre sperare in un futuro migliore. E per questo che noi cattolici in Taiwan dobbiamo pregare e lavorare.