Un cardinale per l’Amazzonia. Dom Leonardo Steiner, arcivescovo di Manaus, oltre che essere uno dei due brasiliani che entreranno a far parte del collegio cardinalizio con il Concistoro del prossimo 27 agosto, è il primo porporato della grande regione panamazzonica. Certo, il cardinale Claudio Hummes, deceduto lo scorso 4 luglio, si è identificato, da arcivescovo emerito, con la causa della Chiesa in Amazzonia, contribuendo in modo decisivo al cammino che ha portato al Sinodo del 2019. E, attualmente, i principali organismi ecclesiali dell’Amazzonia, la Conferenza ecclesiale (Ceama) e la Rete ecclesiale (Repam), sono guidati da un altro porporato, il cardinale peruviano Pedro Barreto, arcivescovo di Huancayo.
Ma dom Steiner sarà il primo cardinale a essere vescovo di una diocesi che si trova nel territorio amazzonico, Manaus, appunto. Una grande metropoli, che con la grande foresta ha un rapporto per certi versi ambivalente, simile a quello che l’isola di Robinson Crusoe ha con l’oceano. Manaus, infatti, presenta tutte le caratteristiche della realtà urbana, ma tutto immediatamente la riporta alla realtà della foresta che la circonda, a partire dal suo isolamento (non è facile raggiungerla via terra), per proseguire con la confluenza dei due grandi corsi d’acqua, il limaccioso rio Solimoes, e il rio Negro, con le sue acque di un blu scurissimo, che proprio a Manaus di fondono nel rio delle Amazzoni.
Dom Leonardo Steiner è anch’egli un “figlio acquisito” dell’Amazzonia. È nato, infatti, il 6 novembre 1950 a Forquilhinha, nel sud del Brasile (Stato di Santa Catarina, nella diocesi di Criciúma). Ha emesso la professione religiosa nell’ordine dei Frati minori il 2 agosto 1976 ed è stato ordinato sacerdote il 21 gennaio 1978. Il 2 febbraio 2005 è stato nominato vescovo prelato di São Félix (succedendo a dom Pedro Casaldáliga). Il 21 settembre 2011 è stato nominato vescovo ausiliare di Brasilia. Dal maggio 2011 a maggio 2019 ha svolto l’incarico di segretario generale della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile. Il 27 novembre 2019 Papa Francesco lo ha nominato arcivescovo metropolita di Manaus. È anche vicepresidente della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama). Il Sir lo ha intervistato in vista del Concistoro.
La scelta di un cardinale per l’Amazzonia brasiliana rappresenta un segno di attenzione particolare da parte del Papa? Come rispondere a questa attenzione?
Indubbiamente è un’attenzione che Papa Francesco dedica alla nostra regione amazzonica, ma anche un segno per le Chiese particolari che sono nel territorio. Il Papa sa cosa sta accadendo in Amazzonia in relazione all’ambiente, alle popolazioni autoctone, alla ricerca delle Chiese per essere sempre più in sintonia con l’evangelizzazione da lui proposta. L’incontro con il Santo Padre, il mese scorso, in occasione della visita ad limina, ha mostrato come abbiamo risposto e ha chiarito come dobbiamo continuare rispondere: prendere sul serio i sogni dell’esortazione Querida Amazonia e sognare insieme alle comunità, perché i sogni che si sognano insieme diventano realtà.
I quattro sogni di Papa Francesco sull’Amazzonia stanno facendo passi in avanti?
L’esortazione Querida Amazonia offre un’ermeneutica della realtà. Un’ermeneutica della Parola di Dio che vuole incarnarsi nella nostra realtà; cioè, essere inculturata! Le linee guida di evangelizzazione per le diocesi e le prelature della regione Nord I della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (corrispondente agli Stati di Amazonas e Roraima, ndr), si ispirano ai sogni di papa Francesco. Si può dire che c’è un’urgenza, per quanto riguarda la realizzazione dei sogni di fronte alla distruzione, alla “mancanza di politica”, in relazione all’ambiente e in relazione ai popoli indigeni. Come sognavano i missionari del passato, anche noi continuiamo a sognare.
Manaus è nel cuore dell’Amazzonia ma è anche una grande città, come molte in Brasile. Quali sfide pastorali da questa realtà urbana?
Una città con i suoi due milioni e trecentomila abitanti! La città cresce in modo disordinato, danneggiando l’ambiente, senza servizi igienici di base, prosciugando i ruscelli, lasciando le famiglie in balia dei gruppi criminali. La città ha accolto oltre 35.000 indigeni che vivono in periferia. Ci chiediamo come accompagnare ecclesialmente le diverse etnie, permettere di coltivare le loro radici, affinché non perdano la propria cultura, la lingua dei loro antenati. In periferia aumenta la povertà e c’è la fame. Bisogna avere una presenza costante nelle comunità, fornire formazione per avere leader ben formati, che possano prendere in carico le comunità. Sarà molto utile una maggiore presenza della Caritas, dell’opera del movimento Comunità Vita e Speranza (Mcve), per la sua prossimità e solidarietà con la gente. In questa realtà abbiamo la presenza di immigrati, con un buon numero di venezuelani. La Chiesa li accompagna e cerca di inserirli nella vita della città.
Manaus ha vissuto in modo molto doloroso l’esperienza del Covid. Cosa rimane nella Chiesa e nella società di questa tragica esperienza?
Nella Chiesa resta la precauzione, perché la pandemia non è ancora finita. Siamo diventati più solidali, più vicini. C’è stata la scoperta di essere una Chiesa domestica. La solidarietà continua, mentre la povertà e la fame aumentano. Non ci sono cambiamenti significativi nella società. Avremmo dovuto uscire migliori dalla pandemia: fraterni, solidali, vicini, politicamente più etici. Ma non è successo. Le persone non sono state aiutate dal Governo a capire la gravità della situazione e, quindi, a suscitare solidarietà anche per quanto riguarda il vaccino.
A chi dedica soprattutto questa nomina a cardinale, e come pensa cambierà il suo servizio alla Chiesa?
Ci sono tanti missionari che hanno dato la vita per il Vangelo in Amazzonia. Di alcuni non sappiamo dove sono sepolti. Missionari che hanno lasciato tutto e hanno dato tutto perché Gesù fosse conosciuto e amato. Erano dalla parte dei poveri, degli emarginati, vivevano con loro. Il mio ministero, essendo cardinale in Amazzonia, è legato a questa fonte missionaria, lo spirito missionario amazzonico. Donne e uomini che straordinariamente hanno dato la vita per amore del Vangelo. Dopo l’appuntamento ho pensato più di una volta a questi missionari che ho incontrato nelle storie che raccontano le persone e nella lettura di ciò che è rimasto. Ricordo anche dom Hélder Câmara, dom Luciano Mendes, dom Ivo Lorscheiter, dom Geraldo Lyrio, che hanno illuminato i cammini della Chiesa in Brasile. Il servizio continuerà a essere al Popolo di Dio, ai poveri. Un servizio che risveglia la speranza e rende possibile la pace.
(*) giornalista de “La vita del popolo”