Il Cile avanza verso la nuova Costituzione, ma la strada, che sembrava spianata e promettente, si è fatta tortuosa. La bozza del testo, approvata lo scorso 14 maggio, suscita più interrogativi che certezze. Introduce novità e principi importanti e da lungo tempo attesi, in tema di diritti sociali, tutela dell’ambiente, accesso all’acqua. Ma rischia di essere la prima Costituzione al mondo che riconosce il diritto all’aborto. Il referendum del prossimo 4 settembre si preannuncia, secondo i primi sondaggi, non scontato. Il cammino della nuova Costituzione si intreccia con quello del Governo progressista presieduto da Gabriel Boric, in calo di popolarità dopo i primi mesi di governo, e con le tensioni sociali che perdurano nel sud, dove proseguono gli atti di violenza di alcune frange degli indigeni mapuche, ma che si manifestano anche nelle periferie di Santiago, spesso in preda a bande di narcotrafficanti.
Ben 499 articoli. La Costituzione delineata nella prima bozza è molto lunga, con ben 499 articoli. Il Cile assume l’identità di “Stato plurinazionale”, riconoscendo la soggettività e i diritti dei popoli indigeni, il principio del cosiddetto “buen vivir” e di Repubblica paritaria, prevedendo la presenza di almeno il 50 per cento di donne nelle istituzioni. La Carta prevede una Camera delle regioni al posto del Senato e dedica particolare attenzione alla partecipazione dei cittadini e ai diritti individuali e sociali, tra cui il diritto alla casa, a un lavoro ben remunerato, all’istruzione e alla salute. Il testo garantisce anche il diritto umano dell’accesso all’acqua, stabilendo lo “Statuto costituzionale dell’acqua”. Viene dedicata un’intera sezione al rispetto dell’ambiente e alla crisi climatica, stabilendo che nel nome di tale rispetto potranno essere decise “restrizioni nell’ambito di determinati diritti o libertà”.
I dubbi dei vescovi. Come valutare questo testo? Più che delle risposte e dei giudizi perentori, questo è il tempo delle domande, anche perché ci troviamo di fronte a una bozza che potrà essere modificata, e a un quesito referendario che dev’essere ancora precisato nelle sue modalità. Ma molti dubbi non possono essere elusi, a partire da quelli espressi dalla Conferenza episcopale cilena (Cech) a fine aprile: “Il Paese ha riposto grandi speranze in questo processo, approvandolo ampiamente, perché lo ha considerato un percorso istituzionale per superare una situazione di crisi. Tuttavia, oggi molti nutrono seri dubbi sul fatto che si tratti di un punto d’incontro e di accordo attorno a un orizzonte condiviso per il Paese che vogliamo costruire”.
E dubbi vengono espressi anche da due docenti universitari, che da due prospettive diverse analizzano con il Sir la bozza del nuovo testo.
Tra progressi e ambiguità, ma resta un’opportunità. “Il testo proposto risente della sua matrice, l’origine è nella rivolta sociale del 2019. È una Costituzione massimalista”, riflette Luis Horacio Franco Gaviria, docente in Filosofia morale e politica all’Università del Cile, attualmente ricercatore del gruppo Phyloiuris dell’Università Libera di Colombia – sede di Cali, coordinatore di progetti di cooperazione internazionale e ricercatore dell’ong Aculco di Madrid, dove vive in questo momento. Secondo il docente, “indubbiamente il testo è molto lungo, anche se la Commissione incaricata della sua armonizzazione, probabilmente, ridurrà il numero degli articoli. La nuova Costituzione tranquillizza alcuni cileni, ma ne allarma altri e questa è un’anomalia, dato che la Costituzione dev’essere una carta di navigazione politica per tutti. Contiene delle ambiguità, si avanza in alcuni diritti umani, nei diritti sociali, non nella tutela della vita. Oltre all’aborto, ci sono le premesse anche per l’eutanasia, quando di parla di ‘morte degna’. Penso che su questi temi e sulle espressioni riguardanti i diritti produttivi si concentri la contrarietà della Chiesa, non sul complesso della Costituzione”. Qualche dubbio si concentra anche sulla scelta dello Stato plurinazionale, “non tanto perché sia a rischio l’unità del Paese”, ma per un certo “sbilanciamento”, quasi a compensare le dimenticanze di tanti anni.
D’altra parte, fa notare Franco Gaviria, il cammino costituente è “una grande opportunità per un progresso politico ed economico, per correggere le storture di un sistema economico liberista che ha avuto origine negli anni della dittatura. E, personalmente, anche se c’è divisione attorno al testo, non penso che nel Paese ci siano le condizioni per una sua bocciatura. Vediamo se nei prossimi mesi ci saranno delle correzioni e dei cambiamenti”. Una possibile via d’uscita esiste, secondo il docente: “La Costituzione prevede modalità di una propria modifica, anche attraverso lo strumento dell’iniziativa popolare. Ciò lascia la porta aperta a un’approvazione insieme al tentativo di modificare alcune parti che non sono condivise”.
“Non unisce il Paese”. Decisamente critico è Claudio Alvarado, costituzionalista e analista politico, direttore esecutivo dell’Istituto di studi sociali (Ies) del Cile e docente di Diritto costituzionale all’Università Cattolica del Cile: “Una valutazione può essere fatta in due contesti. Da una parte, c’è lo scenario politico, rispetto al quale bisogna dire che questo testo non ha raggiunto uno degli obiettivi, quello di unire il Paese. Una parte importante della società sta prendendo le distanze dalla nuova Costituzione, il plebiscito sarà un confronto aperto. Non è stato raggiunto un accordo trasversale tra i diversi orientamenti politici. I lavori non si sono caratterizzati per sobrietà e il testo appare espressione della sola sinistra”.
Il secondo contesto è quello “tecnico”: “Non è un testo che rafforza la democrazia, rischia di dare vita a un sistema instabile. È molto lungo e rigido, dà poco spazio al successivo dibattito legislativo. Si abolisce il Senato, che in Cile è un’istituzione molto forte. Si mantiene il presidenzialismo con una sola Camera nazionale, oltre a una Camera delle Regioni. Non c’è un adeguato contrappeso e si rischia di dare vita a presidenti molto forti, a forme di caudillismo, sia di destra che di sinistra. Ancora, c’è il tema dei popoli indigeni, su cui è stata posta molta enfasi. Io personalmente sono favorevole al riconoscimento dei loro diritti in Costituzione, ma non alla scelta di uno Stato plurinazionale, che è cosa diversa da interculturale. I seggi per gli indigeni non sono riservati solo nel Parlamento. Ci sono molti aspetti massimalisti, da alcune parti sulla tutela dell’ambiente fino all’aborto, che in nessuna Costituzione del mondo è definito come diritto, per giunta senza riconoscere l’obiezione di coscienza”. Secondo Alvarado, “è chiaro che il cammino della Costituzione è connesso a quello del presidente Boric, che ora ha però una grande opportunità, può uscirne bene se promuoverà un patto trasversale per cambiare vari aspetti del testo”.
*giornalista de “La vita del popolo”