(Da Gerusalemme) “Gerusalemme è una città ebraica, cristiana e musulmana. Deve restare un patrimonio comune e non deve mai diventare monopolio esclusivo di una sola religione”. È quanto ribadiscono i vescovi dell’Holy Land Coordination (Hlc) nella dichiarazione conclusiva della loro annuale visita di solidarietà in Terra Santa, intitolata con le parole del Salmo 137:5, “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra”. Una scelta non casuale quella del Salmo dell’antico poeta ebreo esule che con queste parole esprimeva il suo amore per la Città Santa – il cui nome ritorna per ben 656 volte nella Bibbia – e che fa il paio con il tema della visita di quest’anno (21-26 maggio) “Gerusalemme, luogo dell’anima – Una madre che ci educa e ci fa crescere”.
Colloqui e incontri. Cinque giorni di incontri con le comunità cristiane locali di Jifna, Beit Hanina, Ramallah, Birzeit e Gerusalemme, con il patriarca latino, Pierbattista Pizzaballa, con padre Dobromir Jasztal, vicario della Custodia di Terra Santa, con mons. Tomasz Grysa, vice capo missione della Nunziatura apostolica e con esponenti di altre istituzioni cattoliche della Città santa. Tanti i temi toccati nei colloqui che emergono anche nel documento finale, come il ruolo e l’importanza dei cristiani a Gerusalemme, le loro difficoltà di vita, il futuro dei giovani, le condizioni dei richiedenti asilo e dei lavoratori migranti e la possibilità (o l’utopia) che la Città Santa possa diventare un giorno la Capitale “per due Stati”. La dichiarazione porta la firma dei vescovi Declan Lang, presidente dell’Hlc, Udo Bentz (Germania), Peter Bürcher (Paesi Nordici e Svizzera), Nicholas Hudson (Comece), Alan McGuckian (Irlanda), e William Nolan (Scozia).
Presenza cristiana minacciata. Citando parole del patriarca Pizzaballa, secondo il quale “è nostro diritto e dovere di cristiani sostenere l’apertura e l’universalità della città”, i vescovi dell’Hlc ricordano che “la comunità cristiana è essenziale per l’identità di Gerusalemme, sia ora che in futuro” ma che “la sua presenza continua è minacciata dall’occupazione e dall’ingiustizia”.
“Molti di coloro che abbiamo incontrato – si legge nel documento – devono affrontare violenze e intimidazioni da parte dei gruppi di coloni, restrizioni alla loro libertà di movimento o la separazione dalle loro famiglie a causa dello status loro assegnato”.
I vescovi esprimono anche “le preoccupazioni” illustrate dalla comunità cristiana negli incontri avuti, “per le restrizioni unilaterali alla libertà di culto durante la Pasqua, imposte dalla polizia israeliana”. Nella loro dichiarazione finale i vescovi ricordano anche “l’uccisione della giornalista cattolica palestinese” Shireen Abu Akleh e “il profondo dolore e la rabbia dei cristiani locali” per questa morte e per “il vergognoso attacco ai partecipanti al suo funerale”. Tra le varie criticità segnalate nel testo anche la denuncia delle “condizioni di povertà” nelle quali “persone di ogni provenienza” sono costrette a vivere anche a causa della pandemia.
Appello ai pellegrini. “L’assenza di pellegrini negli ultimi due anni – scrivono i vescovi – ha devastato i mezzi di sostentamento, anche della comunità cristiana di Gerusalemme, lasciando alcune famiglie in difficoltà nel permettersi l’alloggio, il cibo o altri beni essenziali”. Tuttavia, “in mezzo a queste sfide, ci sono – per i vescovi – segni di speranza. Abbiamo visitato organizzazioni cristiane che si assumono la responsabilità del benessere della loro comunità e della società in generale. Lavorano instancabilmente per alleviare le difficoltà e migliorare le vite. Abbiamo incontrato giovani che, nonostante le quotidiane violazioni dei loro diritti umani fondamentali, rifiutano di essere l’ultima generazione di cristiani in città”. La dichiarazione si chiude con un appello ai pellegrini a tornare in Terra Santa: “li invitiamo a sostenere i cristiani a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa.
È essenziale che tutti i pellegrini comprendano e si impegnino nella realtà della vita della comunità cristiana locale.
Un vero pellegrinaggio in Terra Santa dovrebbe essere un viaggio di fede, di incontro e di solidarietà. Papa Francesco afferma il valore universale di Gerusalemme, che va oltre ogni considerazione di natura territoriale. Ispirati da Cristo, nostra pace, tutti i cristiani devono contribuire a preservare il carattere sacro della città e a promuovere una visione autentica di Gerusalemme come luogo di dialogo e di unità”.
Il Coordinamento di Terra Santa (Hlc), composto da vescovi di tutta Europa, Nord America e Sud Africa, è stato istituito alla fine del XX secolo su invito della Santa Sede. Lo scopo è visitare e sostenere le comunità cristiane locali della Terra Santa. Il compito principale del Coordinamento risiede nelle quattro P: “Preghiera, pellegrinaggio, pressione e presenza”. Quest’anno la visita si è svolta a maggio, invece che a gennaio come da tradizione, a causa della pandemia. L’edizione 2023 dell’Hlc si terrà a gennaio prossimo in Giordania.