“Quello che sta succedendo è che l’invasione russa in Ucraina ha creato un terremoto geopolitico globale”. Raggiunto dal Sir, Francesco Sisci, giornalista, già corrispondente per testate italiane da Pechino, senior researcher presso la China People’s University, parte da qui per analizzare le ragioni che hanno spinto Joe Biden a rilasciare dichiarazioni “di fuoco” su Taiwan e la Cina. In visita a Tokyo il presidente degli Stati Uniti ha detto di essere pronto a un intervento militare in sostegno dell’isola nel caso di un’invasione cinese. Parole dure che rischiano l’incidente diplomatico in un momento già teso. “Questa dichiarazione è molto forte ed è la prima volta che gli Stati Uniti hanno detto con chiarezza che andranno a difendere Taiwan in caso di invasione”, commenta Sisci. “C’è stato poi un semi passo indietro del Dipartimento di Stato americano. Ma non hanno negato la sostanza. È chiaramente un segnale molto forte che l’America dà a Taiwan, al Giappone, all’intera Regione.
E alla Cina dice: non sognatevi di invadere Taiwan”.
Perché adesso?
Prima dell’invasione russa in Ucraina la maggior parte degli analisti politici escludeva la possibilità di un intervento militare russo in Ucraina che poi invece c’è stato con l’invasione. A questo punto, nella difesa dei Paesi, nessuno può escludere la possibilità che anche la Cina possa aprire un fronte e il fronte principale è quello di Taiwan. Io posso anche non credere che la Cina invada Taiwan ma se sono coreano, indonesiano o di qualsiasi altro Paese della regione, chi si prende la responsabilità di escludere che la Cina, per suoi calcoli, non invada Taiwan?
Insomma, l’intervento militare russo in Ucraina ha abbassato l’asticella della possibilità di un’aggressione militare di un Paese verso un altro Paese?
C’è un nervosismo gigantesco nella Regione e paradossalmente questo intervento di Biden che sembra ai nostri occhi guerrafondaio, in realtà calma gli animi perché dice ai Paesi dell’area: non preoccupatevi ci siamo noi.Queste dichiarazioni hanno però implicazioni enormi. Sono una spada a doppio taglio. Perché se da una parte calmano e rassicurano i Paesi della Regione, dall’altra riaffermano pesantemente l’America in Asia. Così come in Europa, anche in Asia, l’America ritorna.
Oltre Taiwan, quali altre zone sono punti caldi?
Ci sono una serie di territori di confine che la Cina rivendica. Sono Taiwan, il Mar cinese meridionale, le isole Senkaku con il Giappone e tratti con i confini con l’India. La Cina ne ha fatto questioni essenziali. Taiwan è essenziale dal punto di vista politico perché è un territorio che non vuole perdere l’indipendenza. Il Mar cinese meridionale è fondamentale perché da lì passa circa la metà del commercio mondiale e chi controlla quel tratto di mare mette una grande ipoteca sul commercio internazionale. La questione territoriale con l’India è molto delicata perché l’India è un Paese ambizioso e la Cina pure. Hanno combattuto una guerra di confine nel ’62. Le isole Sankaku sono importanti per il Giappone e per la Cina. Ci sono quindi 4 aree molto nervose. In più c’è la Corea del Nord.
In una situazione geopolitica così nervosa e un conflitto aperto in Europa, quali passi evitare per non scatenare crisi irreversibili?
La verità è che nessuno lo sa e che stiamo navigando a vista. Il problema è che ci sono una sfiducia reciproca importante ed una difficoltà di tutti i contendenti a fare passi indietro.È pertanto una matassa molto ingarbugliata. E quando le matasse sono così ingarbugliate, è più facile o lasciarle così, oppure, come il famoso nodo gordiano, tagliarlo con un colpo di spada.
C’è davvero un rischio reale di conflitto anche nella regione asiatica?
Chi lo sa. Il problema in realtà non è se ci sia o meno questo rischio. Il problema è che nessuno, alla luce dell’esperienza ucraina, lo può escludere.
E la Cina come sta vivendo la crisi ucraina?
La Russia ha già perso. Dal punto di vista politico, Putin si è isolato. Dal punto di vista militare, i russi stanno arretrando. Prima dovevano conquistare Kiev e Kharkiv e tutto il Donbass. Poi dovevano fare la grande manovra di accerchiamento. In realtà più passano i giorni e più stanno riducendo gli obiettivi. La grande questione che presto si aprirà, sarà: che ne sarà della Russia alla fine della guerra? Putin rimarrà al potere? Questi interrogativi sono un elemento di grande nervosismo per la Cina. Il Paese si trova nella situazione che se appoggia la Russia e la Russia va a fondo, vanno a fondo pure loro. Oppure lascia la Russia e accelera però il processo di disintegrazione della Russia stessa. I cinesi sanno benissimo che a questo punto, qualunque soluzione scelgano, è sbagliata. Si ritrovano quindi in una situazione che non dominano. E aumentando il nervosismo cinese, aumenta anche il nervosismo globale.