Può il bitcoin, la moneta virtuale più celebre al mondo, che si regge sulle transazioni online senza appoggiarsi ad alcuna banca centrale, diventare la moneta ufficiale di uno Stato? Ebbene, dall’inizio di settembre, questa eventualità è diventata realtà. Attraverso una legge fortemente voluta dall’eccentrico presidente Nayib Bukele e approvata dal Parlamento, l’El Salvador ha conquistato questo singolare primato, quello di essere, appunto, il primo Stato al mondo in cui il bitcoin è, accanto al dollaro, la moneta ufficiale del Paese. Una decisione che ha suscitato polemiche e perplessità. E che, secondo molti esperti, sembra essere una “trovata” che rischia di ritorcersi contro lo stesso Governo, oltre che penalizzare i cittadini più deboli. Nelle ultime settimane, poi, è arrivato un ulteriore rilancio da parte di Bukele, che ha annunciato la costruzione della prima “Bitcoin City”, una città che vivrà solo con la moneta virtuale, senza applicare tasse su reddito, proprietà o plusvalenze.
Le perplessità dei vescovi. Ha dato voce alle crescenti preoccupazioni anche la Conferenza episcopale dell’El Salvador (Cedes). Il presidente, mons. José Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ha ribadito la richiesta, già contenuta in un precedente messaggio dell’episcopato, rivolta all’Assemblea legislativa, di riformare la legge che regola l’utilizzo del bitcoin. Ciò è dovuto, ha spiegato l’arcivescovo, “alla preoccupazione e alla paura vissuta da gran parte della comunità salvadoregna, a causa dell’ignoranza di questo tipo di valuta e dell’impossibilità di maneggiarla”.
Dal canto suo Bukele, il cui Governo ha subito acquistato 700 bitcoin per un corrispettivo di oltre 30 milioni di dollari, ha parlato di una decisione che proietta il Paese nel futuro, pur mettendo in conto un periodo di apprendistato. In ogni caso, stipendi e pensioni continuano a essere pagate in dollari.
Problemi pratici e poca condivisione. Come valutare, dunque, questa scelta? Il Sir l’ha chiesto a Luis Ernesto Vargas Claros, economista salvadoregno, dottorando all’Università nazionale autonoma del Messico (Unam), che ha condotto studi specifici sull’impatto del bitcoin nell’El Salvador. “La definisco una decisione sorprendente, per chi di noi studia questi temi. – afferma – Oltre a tutto, la scelta è stata caratterizzata da una forte informalità, è stata annunciata via Twitter. Certo, ha suscitato l’approvazione degli entusiasti della criptovaluta, ma anche esposto il Paese al sospetto di speculazioni. In ogni caso, la scelta non è stata adeguatamente discussa in Parlamento e non è stata condivisa con le imprese.
E ben pochi, nell’El Salvador, hanno familiarità con il bitcoin”.
Prosegue Vargas: “Fin da subito, ci sono stati problemi pratici, sia per la app messa a disposizione del Governo sia per la cassa automatica nella quale effettuare transazioni. Ci sono state opacità nella loro gestione. La gente non riesce a operare con rapidità. Nella popolazione c’è una sfiducia generalizzata rispetto a questo provvedimento, e così pure tra gli imprenditori e gli operatori economici”.
Perché, dunque, Bukele ha preso una posizione così arrischiata? “In lui c’è questa tendenza a fare scelte provocatorie, di grande impatto mediatico. Vuole apparire come un innovatore – spiega l’economista -. Bisogna, però, aggiungere che la situazione economica del Paese non è così felice, i bilanci del Governo di Bukele sono stati messi nel mirino dalla Corte dei Conti, l’Esecutivo ha preso posizioni molto contestate, ha rimosso il Procuratore generale e ciò ha suscitato tensioni con Washington. Tutto questo ha reso più difficile raggiungere un accordo con il Fondo monetario internazionale, che infatti non è ancora arrivato. La ‘trovata’ del bitcoin rappresenta una sorta di piano B per attirare gli investitori internazionali. In terzo luogo, c’è anche, forse, l’intenzione di speculare, ma si tratta di un intento molto ingenuo”.
Il “gioco pericoloso” della speculazione. Dopo l’entrata in vigore della legge Bitcoin il 7 settembre, in effetti, “il prezzo ha iniziato a scendere rapidamente e continuamente. In quei primi giorni il Governo ha acquistato 700 bitcoin, in quattro diversi momenti, ma con il ribasso del prezzo è arrivato ad avere una consistente ‘perdita’. Non pochi dubbi sono stati sollevati sulle implicazioni di un tentativo di speculazione da parte del Governo. Di fronte alle accuse, c’è stato silenzio, ma guarda caso dopo il 19 settembre non ci sono più stati nuovi acquisti, nonostante il prezzo sia sceso parecchio. La situazione è cambiata dall’inizio di ottobre, quando il prezzo è tornato a risalire, arrivando a metà del mese intorno ai 60mila dollari Usa per ogni bitcoin. In questo caso, il presidente ha festeggiato l’aumento dei prezzi”. Nelle ultime settimane, poi, l’El Salvador è nuovamente intervenuto con l’acquisto di ulteriori bitcoin, di fronte alla discesa del loro prezzo, agendo con dinamiche simili a quelle di una Banca centrale, rispetto però a una valuta che per sua definizione è sganciata da qualsiasi autorità monetaria.
Ma è tutto da vedere che si tratti di una buona notizia: “Da quando è stato sviluppato il meccanismo di convertibilità automatica – le persone possono trasformare i propri bitcoin in dollari e prelevarli in un bancomat – se il prezzo aumenta, il Governo deve fornire più dollari in contanti per ogni bitcoin scambiato e il deposito di garanzia approvato per questo potrebbe essere insufficiente. Intanto il Governo rischia di accumulare bitcoin più costosi e aumenta il rischio per le finanze pubbliche, nel caso di un ribasso di bitcoin. Ancora, l’aumento del prezzo potrebbe incentivare il riciclaggio di bitcoin acquistati con dollari ottenuti con mezzi illeciti, e poi scambiati grazie al meccanismo governativo. Resta da vedere se la legislazione attuale possa prevenire questo tipo di possibilità”.
Infine, “il provvedimento non è inclusivo. Nel Paese la gran parte della popolazione non ha la possibilità di tenere ‘congelato’ il bitcoin, sperando di guadagnare qualcosa se il prezzo sale, e ciò può favorire alcune persone più di altre, come capita in ogni investimento speculativo. Chi ha più informazioni guadagna, chi è vulnerabile perde di più”. Insomma, si è creato un meccanismo per cui se il prezzo scende, è un problema, e se sale ugualmente, anche se per motivi diversi. Ed è logico chiedersi: a chi giova tutto ciò?
(*) giornalista de “La vita del popolo”