Il cristianesimo postmoderno ha perso gran parte della sua vivacità. Nel campo culturale conserva le opere d’arte del passato e si attacca al ritmo delle feste che mantengono l’equilibrio della persona. L’Anno della fede intende svegliare i cristiani ricordando che la fede non è un’opzione come le altre. Il Credo proclama: “Si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. Per i padri della Chiesa Dio si fa uomo affinché l’uomo possa essere divinizzato. Con la nascita del Figlio di Dio l’uomo ha acquistato una nuova dignità. Una scintilla divina è stata deposta in lui. Proclamare questo messaggio in un Oriente diviso dalle guerre è una sfida incredibile.
In mezzo alle violenze che affliggono i popoli della Terra Santa, della Siria e dell’Egitto, i cristiani che presentano il presepe testimoniano con coraggio Cristo, la verità che rende liberi. Alla violenza quotidiana viene proposta un’alternativa: con la nascita del Figlio di Dio tutti gli uomini possono diventare fratelli se accettano il suo messaggio: “Gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Cristo che nasce è il Re della pace annunciato dai profeti. La Pace tarda a venire finché Cristo sia accettato da tutti. La piccola minoranza cristiana in Oriente porta un tesoro prezioso in vasi di creta. Con le sue opere sociali – scuole e ospedali – traduce al quotidiano la sua fede nell’incarnazione.
La teologia della bellezza. Il Sinodo sulla nuova evangelizzazione (8-28 ottobre 2012), sottolineando la teologia della bellezza, incoraggia gli artisti a tradurre nuovamente i simboli della fede. Per sant’Andrea di Creta, Maria è la Madre del Bello: “Oggi la genuina nobiltà degli uomini riceve il dono della prima divinizzazione. La natura generata, rimanendo unita alla madre del Bello, riceve un’impronta del fulgore di bellezza che l’ignobiltà della malizia aveva oscurato”. In Oriente la teologia della bellezza si esprime nell’icona che è presenza e attualizzazione del mistero: “Oggi per voi è nato il Salvatore”. In Oriente ebrei e musulmani rifiutano l’incarnazione di Dio in nome della trascendenza di Dio. Gli oracoli messianici non mancano, però, nella Bibbia.
Con il cristianesimo Dio ha preso un volto umano e invita a ritrovare questo suo volto in ogni creatura.
Il presepe rappresenta un Dio bambino, mentre ebrei e musulmani non permettono raffigurazioni di Dio. La tradizione biblica affermava che la Sapienza è uscita dalla bocca di Dio. E la Parola di Dio. In lei c’è uno spirito sottile. L’incarnazione di Dio porta la rivelazione sapienziale al suo compimento.
Romanticismo o realismo? Tanti artisti hanno voluto tradurre la gioia della salvezza. Basti pensare a Botticelli, ad Andrea e Luca della Robbia e soprattutto ai presepi napoletani che aggiungono personaggi popolari, e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi apparentemente anacronistici, ma che vogliono ricordare che Cristo vuole nascere oggi in ognuno di noi. Il presepe provenzale è famoso per i suoi “santons”. Il più famoso è il “Ravi”, che si meraviglia di tutto, cominciando dalla natività del bambino. Le antifone in “O” che la Chiesa canta dal 16 dicembre in poi riprendono questo atteggiamento: “O Sapienza uscita dalla bocca di Dio”. Il presepe di legno d’ulivo venduto a Betlemme è un ricordo che molti pellegrini portano a casa per ricordare i fratelli cristiani che vivono in Terra Santa. Anche l’ulivo è un simbolo di pace. La tradizione del presepe risale all’epoca di san Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la rappresentazione vivente della Natività, sebbene esistessero raffigurazioni precedenti del Natale. Alcuni pensano che la tradizione del presepe nacque in Francia. Francesco non avrebbe fatto altro che replicare questa tradizione. L’iconografia bizantina traduce il mistero della nascita con grande sobrietà di simboli. La luce che scende dal cielo penetra nelle tenebre del mondo. San Giuseppe in un angolo medita il grande mistero. La sua fede conobbe momenti difficili.
Simbologia. Il presepe è ricco di simboli. Molti provengono dal racconto evangelico. Sono riconducibili al Vangelo di Luca la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli. Altri elementi appartengono all’arte sacra: Maria con un manto azzurro è la nuova Eva che condivide l’opera del Nuovo Adamo. Ha concepito per la fede Cristo nel suo cuore prima di portarlo nel suo grembo. E il modello della fede cristiana. L’inno acatista canta: “Rallegrati, Montagna, la cui grandezza oltrepassa il pensiero degli uomini. Rallegrati, Abisso di profondità, persino per gli angeli. Rallegrati tu che conduci i filosofi sino ai limiti della loro sapienza”. Molti particolari scenografici del presepe traggono, invece, ispirazione dai Vangeli apocrifi. Il bue e l’asino derivano dalla profezia di Isaia: “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone”. La grotta è un ricorrente simbolo mistico per i popoli mediorientali. I Magi invece derivano dal Vangelo di Matteo. I pagani sono associati all’epifania della divinità. Le loro offerte riconoscono il Messia come sacerdote e Re.
Il presepe annuncia un mondo riconciliato, dove uomini e animali vivono insieme.
Maranatha. Cristo è venuto, viene oggi e verrà nella gloria. In Oriente dove la società di consumo non ha ancora distrutto i valori religiosi, il presepe rimane un simbolo dell’unione del cielo e della terra. Esso celebra la verginità di Maria, l’unica donna del Nuovo Testamento alla quale è dato il titolo di vergine. La Chiesa prega ciò che crede. L’importanza attribuita alla nascita di Gesù è confluita nella pietà popolare. Gli uomini possono rendere operante la fede in tutte le ore della vita. L’incarnazione del Verbo è il preludio alla realizzazione delle promesse di Dio di entrare in alleanza con l’uomo.
(*) biblista, “Studium Biblicum Franciscanum” (Gerusalemme)